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Archivi per il mese di “agosto, 2012”

TUTTI IN GALERA SONO VENTI ANNI CHE SIETE AL POTERE AVETE ROVINATO UN PAESE!

ISOLA DELLE FEMMINE VIA KENNEDY 
ZONA RESIDENZIALE DI PROFESSIONISTI   
ABITAZIONE PRESIDENTE  COMMISSIONE 
AMBIENTE COMUNE MUNNEZZA 
SPOSTATA DAL PAESE
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELL’AGRICOLTURA 
ALLE SPALLE DELLA CALLIOPE MAIORANA 
LUOGO DI  INCENDIO CONTINUO DI MUNNEZZA
DI LAMENTELE DENUNCE ESPOSTI 
DEI CITTADINI CONTRO  IL SINDACO PROFESSORE SIGNOR
PORTOBELLO CHE CON IL SUO PUPILLO
GEOLOGO ASSESSORE SE NE FREGANO 
ISOLA DELLE FEMMINE VIA KENNEDY 
ZONA RESIDENZIALE DI PROFESSIONISTI   
ABITAZIONE PRESIDENTE  COMMISSIONE 
AMBIENTE COMUNE MUNNEZZA 
SPOSTATA DAL PAESE
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELLE INDUSTRIE 
AREA VIDEO SORVEGLIATA VICINO 
AL MOMA    GLAMOUR   SUPERMERCATO  
DITTE  ARTIGIANE
CHI SORVEGLIA L’AREA VIDEOSORVEGLIATA?
OPPURE SI ERA INTERESSATA ALL’ACQUISTO ED AL MONTAGGIO
DELLE APPARECCHIATURE?
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELLE INDUSTRIE ACCANTO 
ALLA DISCOTECA MOMA GLAMOUR  
POLIPLAST FATTA FALLIRE
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELL’AGRICOLTURA 
ALLE SPALLE DELLA CALLIOPE MAIORANA 
LUOGO DI  INCENDIO CONTINUO DI MUNNEZZA
DI LAMENTELE DENUNCE ESPOSTI 
DEI CITTADINI CONTRO  IL SINDACO PROFESSORE SIGNOR
PORTOBELLO CHE CON IL SUO PUPILLO
GEOLOGO ASSESSORE SE NE FREGANO 

AMIANTO CIBO GOMME FERRO ALLUMINIO 
LEGNO VERNICI  ecc ecc ecc ecc 
LUOGO DI DEPOSITO DI OGNI GENERE DI RIFIUTO
PERSINO RIFIUTI FARMACEUTICI SCADUTI AVANZI
DELL’AMBULATORIO DI ANALISI
CASSETTE DEL NEGOZIO DI ALIMENTARI 
ISOLA DELLE FEMMINE VIA KENNEDY ACCANTO 
ALLA ABITAZIONE DELLA  PRESIDENTESSA 
(MAI VISTA !!! MAI SENTITA!!!) DELLA 
COMMISSIONE AMBIENTE  DEL COMUNE 
MUNNEZZA SPOSTATA DAL PAESE
 
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELL’AGRICOLTURA 
ALLE SPALLE DELLA CALLIOPE MAIORANA 
LUOGO DI  INCENDIO CONTINUO  DI MUNNEZZA
L’ASSESSORE GEOLOGO ALL’AMBIENTE
SI E’ VISTO SOLTANTO PER
LE ELEZIONI CERTO DOVEVA EVITARE IL TRASFERIMENTO!!!!
IL SINDACO PROFESSORE DOTTORE SIGNOR
GASPARE PORTOBELLO TACE DI FRONTE ALLE PROTESTE DEI
CITTADINI RESIDENTI DELLA ZONA
ORMAI DA EVACUARE!!!!
ISOLA DELLE FEMMINE MUNNEZZA DI TUTTI I 
GENERI E IN GRANDISSIMA QUANTITA’ IN VIA LIBERTA’
TALI DA INQUINARE L’INTERA AREA E CAPACE DI CREARE
RIVOLI DI  PERCOLATO 

ISOLA DELLE FEMMINE MUNNEZZA DI TUTTI I GENERI 
E IN GRANDISSIMA QUANTITA’ IN VIA LIBERTA’
IL REGALO DEL SINDACO DI ISOLA DELLE FEMMINE PROFESSORE
GASPARE PORTOBELLO E DEL SUO PUPILLO ASSESSORE GEOLOGO AI MALCAPITATI  TURISTI DEL NOSTRO PAESE 




PER I CITTADINI  DI
ISOLA DELLE FEMMINE TASSE TASSE E POI TASSE 
A FRONTE DEL DISSERVIZIO NELLA NON RACCOLTA DEI RIFIUTI

I CITTADINI ONESTI DI ISOLA DELLE FEMMINE NELL’ANNO 2011
HANNO VERSATO NELLE CASSE DEL COMUNE 808 MILA 624 EURO 85 CENTESINI

PREVISIONE DI
BILANCIO 2011 ENTRATE TASSA PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI 1.403.430

LA DIFFERENZA DI 594 MILA 805 EURI 15 CENTESIMI LA PARTE DEL LEONE(NON
PAGANTI) LA FANNO I  CITTADINI AMICI
PARENTI QUALCHE CONSIGLIERE COLLETTORI DI VOTI ……….

UN ESEMPIO PER TUTTI: L’ASSSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISCA BODY CENTER
RISULTA REGOLARMENTE ISCRITTA NEI RUOLI TARSU PER UNA SUPERFICIE PARI A MQ 200 duecento metri quadri 

LEGGIAMO DALL’INVENTARIO DEI BENI DI PROPRIETA’ DEL COMUNE DI ISOLA
DELLE FEMMINE CHE L’AREA OCCUPATA DALL’ASSOCIAZIONE DILETTANTISTICA BODY CENTER
DI VIA LIBERTA’ RAPPRESENTATA DALLA MOGLIE DELL’ASSESSORE ALLO SPORT DOTTOR
NAPOLEONE RISO
E’ PARI A 504 MQ cinquecentoquattrometriquadri

UN ALTRO ESEMPIO? QUANTI SONO I GESTORI DEI SOLARIUM DI ISOLA DELLE FEMMINE CHE PAGANO REGOLARMENTE LA TARSU?

PER UNA QUESTIONE DI TRASPARENZA PERCHE’ NON PUBBLICARE SUL SITO DEL COMUNE GLI EVASORI? 

UN ALTRO ESEMPIO ANCORA? 


QUANTI SONO I CONSIGLIERI ED AMMINISTRATORI COMUNALI CHE NON PAGANO LA TARSU?

PER UNA QUESTIONE DI TRASPARENZA PERCHE’ NON PUBBLICARE SUL SITO DEL COMUNE GLI EVASORI? 

IL  COSTO DEL SERVIZIO
NON RACCOLTA DEI RIFIUTI VERSATI DAL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE ALLA
SOCIETA’ ATO PA 1 DI CUI SI E’ SOCI 1 MILIONE 336 MILA 185 EURO 45 CENTESIMI
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED 
ORGANIZZATA  MESSO IN PERICOLO LA SALUTE PUBBLICA DEI
CITTADINI DI ISOLA DELLE FEMMINE
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED 
ORGANIZZATA  AVER INVASO STRADE PIAZZE MARCIAPIEDI
AIUOLE  VIE ED OGNI ANGOLO DEL  TERRITORIO DI ISOLA DELLE FEMMINE COME UNA
UNICA E GRANDE DISCARICA
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED   ORGANIZZATA 
FATTO SPRECO DI PUBBLICHE RISORSE 
ARRECANDO ALLE CASSE COMUNALI DANNI ERARIALI INCALCOLABILI
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED   ORGANIZZATA 
AVER SMANTELLATO L’UFFICIO DEI TRIBUTI DEL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED    ORGANIZZATA 
FAVORITO PER MERI CALCOLI POLITICI ELETTORALI CHE una buona parte dei
cittadini amici parenti portaborse cercatori di voti e……… “evitassero il
pagamento della tassa della munnezza” e quando il giochetto non riusciva si faceva
in modo di DIMINUIRE la superficie su cui viene calcolata la tarsu
TUTTI IN GALERA SONO VENTI ANNI CHE SIETE
AL POTERE AVETE ROVINATO UN PAESE!
ASSOCIAZIONE AGENDA ROSSA DI ISOLA DELLE
FEMMINE

Signor Sindaco,
Lei non crede  sia un dovere civico rispondere ai Cittadini che Le scrivono per sottoporre alla Sua attenzione le problematiche attinenti la gestione dei rifiuti e la mancata raccolta dei rifiuti con   le conseguenze che ne possono deroivare a livello sanitario ed ambientale. Tutto ciò aggravato dal fatto che da qualche giorno in maniera continuativa e senza alcuna interruzione:
I RIFIUTI STANNO BRUCIANDO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
e LEI?  NIENTE.
FORSE! ANZI  CERTAMENTE LEI E’ CONVINTO CHE VIA DELL’AGRICOLTURA NON FACCIA PARTE DEL TERRITORIO DI ISOLA DELLE FEMMINE SE NON QUANDO VI SONO LE ELEZIONI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

PROSSIMAMENTE LEI E TUTTI QUELLI DELLA SUA BAND NON PENSIATE DI  VENIRE A CHIEDERCI I VOTI.  

 

PRENDERETE   TUTTI CALCI IN CULO!!!!!!!!!!!

VIA DELL’AGRICOLTURA LA PICCOLA CONTINUA BELLOLAMPO
DI ISOLA DELLE FEMMINE DA GIORNI IN FIAMME SENZA CHE NESSUNO
INTERVENGA

VIA DELL’AGRICOLTURA SI E’ IN ISOLA DELLE FEMMINE
FORSE IL PROFESSORE HA QUALCHE DUBBIO
CHE LA VIA FACCIA PARTE DEL TERRITORIO DI ISOLA DELLE
FEMMINE. LUI SE NE RICORDA SOLTANTO
IN PERIODO ELETTORALE!!!!!!!
COGLIONE CHIUNQUE LO VOTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!

VIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE
NONOSTANTE I SOLLECITI LE PETIZIONI I RICHIAMI
LE TELEFONATE LE PROTESTE
NESSUN AMBIENTALISTA NESSUNO DI QUELLI CHE SONO
VENUTI A CHIEDERE I VOTI
NESSUNO DI QUELLI A PAROLE DICONO DI
TUTELARE LA SALUTE DEI CITTADINI
NESSUNO DI QUESTI SIGNORI SI E’ DEGNATO DI FARE
CAPOLINO DA QUESTE PARTI!!!!!!!!!
COGLIONISSIMI TUTTTI QUEI CITTADINI CHE PERMETTERANNO
IN UNA PROSSIMA TORNATA ELETTORALE CHE QUESTI SIGNORI
OSINO SOLO PENSARE DI AVVICINARSI DA QUESTE PARTI
PER RICHIEDERE un solo voto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
SONO SOLO DA PRENDERE A CALCI IN CULO



TARANTO, DOMANI LA DECISIONE ILVA LA PROCURA PRONTA A TAGLIARE LA PRODUZIONE

22/08/2012 – TARANTO,
DOMANI LA DECISIONE.

Ilva, la procura pronta  a tagliare la
produzione


Un gruppo di dipendenti dell’llva presidia
davanti allo stabilimento di Taranto

Ieri un’altra ispezione dei
carabinieri nei reparti.
Acquisita nuova documentazione

GUIDO RUOTOLO
inviato a taranto

In una delle ultime pagine delle
motivazioni del Riesame, i giudici scrivono che non dipende certo da loro
definire il destino dell’Ilva. «Non è compito del Tribunale stabilire se e come
occorra intervenire nel ciclo produttivo o, semplicemente, se occorra fermare
gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta
sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliate
dall’Autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta,
allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili».

L’incontro Le
carte dell’inchiesta sono molto chiare, dunque. Tanto che è così che domani alle
10 il procuratore Franco Sebastio ha convocato i suoi sostituti, i custodi
giudiziari e gli uomini del Noe dei carabinieri. Un incontro, a questo punto,
operativo. E ancora ieri, custodi e Noe si sono un’altra volta presentati nei
reparti Acciaieria 1 e 2 per una ispezione, per acquisire
documentazione.
Domani, il vertice operativo potrebbe così decidere anche
se ridurre e di quanto la produzione di acciaio, in funzione di uno «stand by»
degli impianti, in attesa di definire il cronoprogramma di interventi necessari
alla messa in sicurezza degli stessi.
A questo punto, infatti, le
motivazioni del Riesame lasciano pochi dubbi sulla necessità di procedere con la
definizione degli interventi necessari, indicati già nel corso dell’incidente
probatorio, dai periti nominati dal gip.
A leggere con attenzione le
motivazioni, colpisce la «recidività» del gruppo dirigente e degli assetti
proprietari dell’acciaieria. E soprattutto la straordinaria denuncia, fatta
propria dai magistrati, del Noe dei carabinieri di Lecce, sulle emissioni
fuggitive, i fenomeni di «slopping»e quant’altro non funziona nell’Ilva.

Il rapporto dimenticato Quel rapporto del Noe arrivò anche al Ministero
dell’Ambiente prima che, nell’agosto scorso, fosse licenziata, dopo una
istruttoria di sette anni, l’Autorizzazione integrata ambientale, AIA, con le
sue quattrocento e passa prescrizioni. L’allora ministro Stefania Prestigiacomo
si è risentita per la denuncia del nostro giornale sul fatto che quel rapporto è
rimasto chiuso nel cassetto. In realtà, nelle prime pagine dell’AIA si riporta
un riferimento proprio al rapporto del Noe: «Considerato che al momento le
irregolarità segnalate dal Noe non rilevano ai fini del rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale ma incidono sulle attività degli enti
responsabili delle autorizzazioni di settore prima del rilascio dell’Aia cui
pure la nota del Noe è diretta, dopo il rilascio dell’ Aia potranno essere
disposti dal Ministero dell’Ambiente opportuni accertamenti onde verificare i
profili di irregolarità segnalati dal Noe ed eventualmente sottoporre a riesame
la presente autorizzazione integrata ambientale».




Qui a Taranto non
risultano che siano partiti gli «opportuni accertamenti» e forse il ministro
dell’Ambiente Clini potrà fornire ulteriori chiarimenti. Incomprensibile,
comunque, la valutazione che le «disfunzioni» segnalate dal Noe non mettono in
discussione l’elaborazione dell’AIA.





L’inferno in città Quelle
«disfunzioni» sono parte integrante dell’atto d’accusa dei giudici di
Taranto.

Un passaggio di quel rapporto del Noe è riportato nelle
motivazioni del Riesame: «Durante le ore notturne si ha l’impressione di
assistere ad esplosioni che liberano fumo e fiamme in grado di illuminare l’area
e i manufatti circostanti. La presenza di ostacoli fisici, quali le alte mura di
recinzione, in alcuni casi non hanno permesso di documentare le attività che
davano luogo alle emissioni in argomento, motivo per il quale si è proceduto ad
accedere al sito in questione, individuandolo nell’area gestione rottami ferrosi
(sequestrata anch’essa dal gip Todisco, ndr)».
La discarica Le immagini
delle telecamere poste all’esterno del perimetro dell’Ilva non consentono di
superare l’ostacolo rappresentato dalle mura, costringendo gli uomini del Noe a
procedere con il sopralluogo: “Nell’area scoperta estesa circa 30.000 mq,
denominata discarica paiole, è stato verificato che quelle che erano state
percepite come esplosioni erano, in realtà, “bagliori, fumo intenso e vapori”
prodotti dal ribaltimento delle paiole (contenitori metallici di circa 3 metri
cubi) contenenti le scorie liquide provenienti dall’acciaieria, con conseguente
sversamento sul terreno di scorie incandescenti”.
Tonnellate di polveri
Per fortuna che c’è l’AIA. Perché la vecchia istruttoria per ottenerla è un
«corpo di reato» importante. In che senso? Ecco quello che raccontano i giudici
del Riesame a proposito della situazione dell’area parchi minerari a proposito
di emissioni fuggitive o diffuse di polveri «derivanti dall’azione erosiva del
vento dei cumuli di materiale aggregato ivi depositato, dalla manipolazione dei
materiali solidi e dalla movimentazione stradale dei mezzi all’interno
dell’area».
«E’ lo stesso gestore dell’impianto, nella domanda per
l’ottenimento dell’Aia, ad effettuare una stima delle predette emissioni,
riferite alla capacità produttiva del 2005: quelle da erosione eolica dei cumuli
di stoccaggio materiale sono comprese tra le 6 e le 51 tonnellate annue, a
seconda delle diverse condizioni meteo; quelle da manipolazione dei materiali
solidi (cadute) ammontano addirittura a 668 tonnellate annue e quelle da
movimentazione stradale di mezzi all’interno sono pari a circa 24 tonnellate
annue. Totale, circa 700 tonnellate annue».
Quei parchi minerari vanno
coperti, secondo i periti. Ne vale della vita dei cittadini di Tamburi e di
Taranto centro.


Taranto crisi Ilva

Ilva Taranto: la nuova AIA entro settembre? Non siamo tranquilli!

martedì 21 agosto 2012 di Erasmo Venosi





 



Le dichiarazioni del titolare del
dicastero dell’ambiente sulla
nuova Aia all’Ilva che, sarà concessa entro il 30 di settembre non consente di
essere tranquilli e nemmeno ottimisti sulla vicenda dell’Ilva . Il Ministro
afferma “ sappiamo cosa bisogna fare, si tratta solo di decidere quali sono gli
interventi fattibili” e ancora più chiaro, sulle prescrizioni Aia “ più secca e
con molto meno prescrizioni”. Sconfessate gran parte delle 462 prescrizioni
rilasciate con l’Aia dell’agosto 2011. Ma c’è di più. A noi sembra che intorno
alla nuova Aia, da confezionare in 40 giorni ci sia solo tanto, ma tantissimo
fumo, e null’altro

Ilva sa benissimo le cose che deve fare e a tal fine ha
sottoscritto, con Regione, Provincia , Comuni e Ministeri dell’Ambiente, dello
Sviluppo , della Salute molti Atti d’Intesa:
1) in data 8 gennaio 2003 avente ad oggetto gli “Interventi per il
miglioramento dell’impatto ambientale dello stabilimento ILVA di Taranto;
2) in data 27 febbraio 2004 , avente ad oggetto gli “Interventi
per il miglioramento dell’impatto ambientale dello stabilimento ILVA di
Taranto”, con cui l’ azienda si impegnava a presentare un documento contenente
le prime indicazioni delle aree di intervento interessate dall’adeguamento alle
BAT, anche con riferimento alle migliori tecniche disponibili relative alla
produzione e lavorazione dei metalli ferrosi contenute nei documenti comunitari
di settore e nelle linea guida nazionali;
3) in data 15 dicembre 2004, avente ad oggetto gli “Interventi per
il miglioramento dell’impatto ambientale derivante dallo stabilimento ILVA di
Taranto”, che confermava, in particolare, l’impegno assunto nei due precedenti
Atti di Intesa a presentare, entro 9 mesi dall’entrata in vigore del Decreto
Ministeriale di emanazione delle linee guida per l’individuazione e
l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per il settore siderurgico,
il “Piano di adeguamento, ove necessario, degli impianti esistenti dello
stabilimento di Taranto, alle migliori tecniche disponibili”;il documento
contenente le prime indicazioni delle aree di intervento interessate
dall’adeguamento alle B.A.T (migliori tecnologie disponibili) , presentato da
ILVA, in data 21/04/2004, alla Direzione generale per la salvaguardia ambientale
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (DGSAMATT), competente
in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per consentire ad essa
di anticipare l’avvio delle relative azioni istruttorie; il “Piano di interventi
per l’adeguamento dello stabilimento alle Linee Guida BAT”, inviato da ILVA, in
data 19/07/2005, alla DGSAMATT e predisposto, secondo gli impegni assunti con
l’Atto di Intesa 15/12/2004, conformemente alle emanate Linee Guida di cui al
D.M. 31/01/2005, pubblicato sulla G.U. 13/06/2006, n. 135; l’Atto d’Intesa
integrativo dei precedenti , stipulato il 23 ottobre 2006 con cui l’Azienda,
confermando gli impegni assunti con i precedenti Atti d’Intesa, prevedeva
ulteriori attività finalizzate, all’identificazione delle principali sorgenti
emissive di polveri pesanti e alla rilevazione dell’eventuale presenza di
diossine o furani nei fumi dell’impianto di agglomerazione.
Inoltre fu istituita nel novembre 2005 la Segreteria Tecnica di
supporto alla DGSAMATT per l’esame delle problematiche riguardanti l’attuazione
degli adeguamenti degli impianti esistenti dello stabilimento ILVA alle migliori
tecniche disponibili (BAT) di cui agli Atti d’Intesa citati. La Segreteria
Tecnica formulò delle raccomandazioni al “Piano d’interventi per l’adeguamento
dello stabilimento alle Linee Guida BAT”, presentato da ILVA nell’aprile 2006 e
che riguardavano il ciclo acque, il ciclo rifiuti, i residui, i sottoprodotti, i
gas siderurgici e le emissioni in atmosfera, nonché una dettagliata indicazione
degli interventi di adeguamento e relativi cronoprogrammi di attuazione,
comprese le stime dei costi.
Altro “fumo mediatico” che si apprende dei giornali sarebbe il
coinvolgimento dell’Istituto Superiore di Sanità, della segreteria tecnica del
Ministero e della delegata del ministero per le Bat in UE. Quest’ultima davvero
sembra la “ciliegina sulla torta”, buona peri media, giacché è un soggetto che
partecipa unicamente all’analisi dei Brefs che ripetiamo, sono solo documenti di
riferimento per la redazione di Linee Guida Nazionali e tutti noti a chi fa
istruttorie di Aia . Tutte le “partecipazioni” oggi declamate dal Ministro erano
tutte previste nell’Accordo di Programma (AdP) sottoscritto l’11 aprile 2008 :
fu istituito con l’AdP, un Comitato di Coordinamento con rappresentanti del
Ministero dell’interno, del Ministero della salute, del Ministero dello sviluppo
economico che doveva avvalersi di Ispra (Istituto Superiore Protezione Ricerca
Ambiente ) e di esperti provenienti da enti di ricerca o altri organismi, quali
il CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) , l’ISPESL (Istituto Superiore Prevenzione
Sicurezza Lavoro) , l’ISS (Istituto Superiore Sanità) , l’ENEA e l’ASL
territorialmente competente. Ilva nel Piano di Interventi per l’adeguamento alle
Bat ha anche quantificato il costo degli interventi e parliamo del 2007 e con
insufficienza di analisi delle problematiche: “L’ammontare complessivo, pari a
472 milioni di euro” (altro che i 146 milioni offerti!!!) per 64 proposte che
riguardano la cokeria, l’agglomerato, gli altiforni, le acciaierie, i laminatoio
a caldo, i tubifici , i rivestimenti, lo stoccaggio materie prime. Proposte che
furono contestate puntualmente dalle osservazioni dei comitati ambientalisti e
definiti in parte , come interventi per manutenzione, rifacimenti, adeguamenti
tecnologici per produttività e qualità.
Addirittura nel marzo 2008 fu presentata la documentazione
dell’utilizzo nel ciclo di produzione della ghisa del famigerato pet coke e del
catrame di cokeria come sostitutivo del carbon fossile in percentuali del 5
-10%. Tutto quello che s’ha da fare è conosciuto da Ilva e dalle Istituzioni e
appaiono pertanto preoccupanti le letture, divagatorie e riduttive del Ministero
che afferma di auspicare un’Aia concentrata su “monitoraggio, emissioni
fuggitive ossia non convogliate degli impianti a caldo e il parcogeominerario”
ma con interventi nei confronti di quest’ultimo selezionati perché “sono
stoccati materiali molto diversi con differenti rischi di polverosità” insomma
scordatevi che il parco di stoccaggio dei minerali sia completamente coperto
benché sia , una richiesta che emerge anche nelle perizie. A questo punto vista
che per il Ministero dell’Ambiente , pare insufficiente la mole di documenti,
verifiche, segreterie tecniche, atti d’intesa e proposte che da almeno un
decennio riguardano gli interventi su Ilva propongo di far intervenire gli
esperti del Ministero che sono intervenuti in Cina. Bisogna sapere che il
Ministro Clini nel 2005 è stato assegnatario da parte del Governo cinese e come
riconoscimento per la cooperazione italiana nel settore ambientale in Cina,
dell’importante “Premio Internazionale per la Scienza e la Tecnologia”.
In verità molti italiani non sanno che il Ministero dell’Ambiente
italiano, dall’anno 2000 ha sviluppato in Cina 57 linee progettuali,
cofinanziando progetti ambientali per un primo importo paria 108 milioni di euro
e un secondo programma dal costo stimato di 190 milioni di euro. Il nome di
alcuni progetti suona davvero come una nemesi storica per la Città di Taranto e
non solo : “ il monitoraggio e la gestione della qualità dell’aria nelle città
cinesi “, “ Protezione e conservazione delle risorse idriche” e che riguarda la
maggiore fonte di approvvigionamento di Pechino il Miyun Reservoir, la
Prevenzione e il controllo dell’inquinamento atmosferico (..monitoraggio
sorgenti inquinanti nell’area urbana di Shangai), “ Elaborazione Programma per
l’eliminazione delle sostanze chimiche controllate dalla Convenzione ONU sulle
sostanze organiche persistenti” (..insomma i PCB , diossine e furani..in Cina
però!!) e il “ China CDM Study Project” un progetto che ha consentito la messa a
punto di una metodologia nei due settori chiave dell’economia cinese la
SIDERURGIA e l’edilizia .Tratteremo compitamente in un prossimo articolo della
“triade della nuova Aia “: monitoraggio, emissioni fuggitive e parco
geominerario ma anche dell’uso del pet coke e del catrame di cokeria.

http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article30801 


Sunto campagna
straordinaria di caratterizzazione IPA vento selettiva nel comune di
Taranto.

Campagna straordinaria di caratterizzazione IPA
vento selettiva a Taranto


Taranto, 05/07/2011 – ARPA Puglia ha realizzato una campagna
straordinaria di caratterizzazione
IPA vento selettiva nel comune di
Taranto. Si pubblicano i primi rapporti
di prova
 relativi al sito Peyrani, situato tra ILVA e la raffineria. Si
evince che la concentrazione di benzo(a)pirene sottovento nei pressi
di ILVA è pari a 4.46 ng/m3, molto più alta di quella sopravento (0.06) e di
quella con calma di vento (0.27). Se ne deduce il contributo praticamente
esclusivo di ILVA. Per le diossine i valori più alti si registrano nella
cartuccia associata alla calma di vento (64 fg TEQ/m3) rispetto ai valori
sottovento (44 fg TEQ/m3), che comunque sono tre volte più alti dei valori
sopravento (13 fg TEQ/m3). Si tratta peraltro di valori assoluti di diossine non
elevati. Nessuna differenza tra i valori di PCB nelle tre cartucce, valori
comunque in assoluto molto contenuti.

05/07/11

L’Ilva inquina senza controllo

Gianni Lannes   

Ilva a Taranto

Verdi e Legambiente denunciano le emissioni di diossina del
complesso industriale.
Lo scorso giugno l’udienza per “disastro e
avvelenamento”. 
Il Presidente della Regione Vendola non si è costituito
parte civile.
Regione Puglia? o Regione Ilva? Affari sulla pelle di 4 milioni
e 200 mila persone?
A Taranto – la città più degradata d’Europa – si scrive
AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), ma si legge
nullaosta ad un’acciaieria per inquinare ancora e di più”. 
E però, per il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare Stefania Prestigiacomo , il Governatore Nichi
Vendola
(con il suo Assessore all’Ambiente Lorenzo
Nicastro
), il Sindaco della città Ippazio Stefano, e
il Presidente della Provincia Gianni Florido, è tutto a posto.
L’ autorizzazione integrata ambientale è una patente europea che
certifica l’abbattimento delle emissioni inquinanti. Insomma,
l’inquinamento è a norma di legge. Secondo gli abitanti di
Taranto, si minimizza, o, in alternativa, si fa finta di nulla.
Avanti con
diossine, benzopirene, ipa, biossido di carbonio e miscele di altri pericolosi
composti chimici.
I dati dell’ INES (Inventario Nazionale
delle Emissioni e delle loro Sorgenti), attestano che « il 92% delle
diossina
» fuoriesce proprio da questo complesso industriale
Ilva

Sette chilogrammi a testa: tre volte
Seveso

Storia di emissioni industriali e di omissioni
istituzionali e, come spesso accade qui in Puglia, su materie incandescenti, la
delibera regionale -ovvero un atto pubblico- è attualmente
sottoposta a segreto.

Per ottenere l’AIA è obbligatorio
dichiarare quante e quali emissioni cancerogene vengono prodotte
.
L’Ilva lo nega: è un segreto industriale.  

Il pluricondannato e pregiudicato patron Emilio Riva, interdetto dai
pubblici uffici, ringrazia la Regione Puglia, che prontamente ha autorizzato una
terza centrale termoelettrica da 600 megawatt. 
Una fetta consistente della Puglia muore? Basta negare le evidenze. “A
Taranto non c’è emergenza
” ripete il Presidente Vendola. 
Secondo
l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, invece, « è un’area a
gravissimo rischio ambientale
». 
Il 23 aprile 1998 un decreto del
Presidente della Repubblica aveva dichiarato « Taranto città ad alto
rischio ambientale
».
Se la Regione plaude all’accordo raggiunto
(l’Autorizzazione Integrata Ambientale che il 5 luglio scorso il Ministero
dell’Ambiente ha concesso all’Ilva ), i Verdi e Legambiente definiscono
il documento un arretramento o, per dirla con il parlamentare
Angelo Bonelli , “ uno schiaffo a Taranto ”. 
Legambiente sostiene
che la “ nuova autorizzazione è peggiore della precedente rispetto al
sistema di monitoraggio delle emissioni, dei controlli sugli scarichi idrici, al
monitoraggio continuo di benzene e polveri
” e conclude, come i Verdi, che
aver concesso una capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate annue di
acciaio significa aver dato il via libera all’aumento dell’inquinamento
”.
Senza l’Aia si chiuderebbe la baracca e non si intascherebbe il miliardo di euro
comunitario.
L’Ilva in riva allo Ionio vanta altri primati: il 95 per
cento della produzione nazionale dei Pcb
(fonte Ispra) e ben 137 mila nanogrammi di
benzoapirene
(il valore-soglia per persona è di un nanogrammo)
respirati dagli operai. I numeri ufficiali lasciano senza fiato: la
mortalità generale supera del 17 per cento quella della media
regionale
L’ Istituto Superiore di Sanità
ammette che gli studi descrivono «un quadro di mortalità
compromesso. I numerosi inquinanti atmosferici, particolato e gassosi,
sono causa degli eccessi». 
Le indagini scientifiche più recenti condotte dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), a firma di Maria Angela Vigotti
dell’Università di Pisa, raccontano che a Taranto si muore e ci si ammala sempre
più. La situazione peggiora e i tumori aumentano a dismisura. 
In barba alla
Convenzione di Aarhus, che regola l’accesso all’informazione e
partecipazione dei cittadini in tema di giustizia ambientale, “sono state
escluse dal confronto, le associazioni ambientaliste denunciano il rischio di un
accordo al ribasso sull’inquinamento
”, rivela il Verde Gregorio Mariggiò. “
 
La settimana scorsa il Noe di Lecce ha chiesto il sequestro di alcuni
impianti ed i report dell’
Arpa dimostrano il superamento dei limiti di
diossina nell’aria. Insomma una tale concessione è proprio inopportuna

”.
Venerdì 24 giugno c’è stata l’udienza a porte chiuse per disastro colposo
all’Ilva presso il tribunale di Taranto. Gli enti locali non si
sono costituiti parte civile. 
Ecco i capi d’imputazione: « Disastro
colposo e doloso
, avvelenamento di sostanze
alimentari
, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni
sul lavoro
, danneggiamento aggravato di beni pubblici,
getto e sversamento di sostanze pericolose,
inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati
Emilio Riva, 84 anni, Presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2009, Nicola
Riva , 52 anni, direttore dello stabilimento Ilva dal 20 maggio 2009, Luigi
Capogrosso , 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41
anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo
area del reparto Agglomerato». 
Come parti lese, sono state identificate il
Ministero dell’Ambiente, la Provincia di Taranto, la Regione Puglia, e nove
allevatori che furono costretti ad abbattere i loro capi di bestiame, risultati
contaminati dalla diossina. Il Governatore Vendola non si è costituito parte
civile. 
I rapporti sanitari occultati per anni dall’azienda sanitaria locale
parlano chiaro: «Taranto sconta anni di mancata esecuzione di controlli,
sopralluoghi e rilevamenti prescritti dalla legge». 
Le perizie giudiziarie
documentano «lo sprigionamento continuo e incontrollabile di emissioni gassose e
fiamme oltre alla dispersione di migliaia di tonnellate all’anno di sostanze
nocive, con grave impatto ambientale nel territorio interessato e gravi danni
alla salute».

Novembre 2010. «Saranno 30.000 le copie che verranno distribuite a tutte le
famiglie dei dipendenti dell’Ilva, alle istituzioni e alla società civile
tarantina» scrive Emilio Riva nell’editoriale della rivista ‘ Il Ponte ’ edita
dalla stessa Ilva. Il patron rivolge il suo saluto alla città presentandosi con
uno slogan: “
Non sono un capitalista, ma un imprenditore ”. La rivista
viene proposta come ‘luogo’ per approfondire temi di attualità, raccogliere
interviste e testimonianze.

La prima ‘testimonianza’ è quella del Governatore
Vendola. Parla di svolte epocali, di amore e ‘pensiero lungo’, lungo e duraturo,
come i veleni immessi nell’aria di Taranto dall’Ilva ” affermano ora
i maligni. Vendola parla di “ terze vie ” e “ sviluppo sostenibile
e armonico
”, dice che “ La sfida dell’ambiente è riuscire a
coniugare nuovo sviluppo industriale con la tutela dell’ambiente

Proprio quello che dicevo prima, parlando di collaborazione e coordinamento
fra protagonisti del mondo economico, politico e della società covile … a
Taranto si sta realizzando dando buoni risultati … Dal mio primo incontro con
l’ing. Riva sono cambiate molte cose
”.
Il 23 novembre 2010 Vendola è in
prima fila per assistere alla presentazione del Rapporto 2010 su “ Ambiente
e sicurezza
” realizzato dall’Ilva. 
Un documento patinato dove il
Governatore appare a più riprese: a pagina 8, in compagnia del vescovo e del
ministro Prestigiacomo; a pag. 9, al tavolo con i dirigenti dell’acciaieria; a
pagina 10, mentre preme un pulsante di fronte ad operai plaudenti. E’ lo stesso
Vendola, che in una pagina spot, dove il suo santino figura in compagnia di
Fabio Riva e di Emma Marcegaglia, afferma: “ Chiesi ad Emilio Riva, nel mio
primo incontro con lui, se fosse credente, perché
al centro della nostra
conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita ”.
Il camino E312
dell’Ilva vomita veleni radioattivi, e se sei un abitante del quartiere Tamburi,
o un allevatore con le pecore che pascolano in prossimità del più grande
siderurgico d’Europa, o un allevatore di cozze contaminate, “ effettivamente
la fede potrebbe aiutare! ”
commentavano i soliti maligni lo scorso 24
giugno fuori dal Tribunale di Taranto.
Non è piaciuta, qui, la decisione del
Governatore di non costituirsi parte civile nel procedimento, anche perché, a 7
mesi di distanza dagli ‘auspici’ espressi da Vendola, i Carabinieri del N.O.E
(Nucleo Operativo Ecologico) hanno chiesto il sequestro degli impianti dell’Ilva
.
La richiesta è scaturita dagli accertamenti effettuati dal N.O.E. sulla
qualità dell’aria. 
Per i Carabinieri gli impianti dell’Ilva vanno
sequestrati per 
 
Questo mentre il Governatore, omettendo i fatti, da una
parte esaltava la ‘famigerata’ legge-antidiossina come “ un modello
internazionale ”, dall’altra, a febbraio 2010, firmava, con il Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e l’imprenditore Riva, un
protocollo per ritoccare la legge appena promulgata.
La legge in questione,
alla quale la Regione era stata ‘costretta’ dai movimenti popolari, risaliva
appena al 19 dicembre 2008. La normativa che prevedeva il limite di 0,4
nanogrammi per metro cubo a partire dal 31 dicembre 2010, nonché l’abbattimento
delle emissioni a 2,5 nanogrammi a far data dal primo aprile 2009. 
A seguito
dell’accordo del febbraio 2010 la Regione Puglia vara un’altra legge per
interpretare la prima e svuotarla di significato. Sparisce il campionamento
continuo. I controlli non saranno più in continuo ma diluiti in tre fasi ogni
anno, a settimane alterne e solo per le otto ore diurne.
Il Rapporto
Ambiente e Sicurezza dell’Ilva 2010, presentato lo scorso 23 novembre, ha
suscitato le critiche di svariate associazioni, da Legambiente, a Taranto
libera, a Peacelink e Altamarea. 
Alessandro Marescotti, Presidente di
PeaceLink, ha affermato che “i polmoni dei cittadini di Taranto conoscono il
‘Rapporto Ambiente’ dell’Ilva per consumata e quotidiana esperienza”. 
Alla
cerimonia hanno preso parte il Presidente Vendola, il Presidente di
Confindustria Emma Marcegaglia e tutte le istituzioni locali a partire dal
Presidente della Provincia Gianni Florido e dal Sindaco di Taranto Ippazio
Stefano.



“Gli investimenti, i risultati, gli obiettivi raccontati e
certificati all’interno del Rapporto rappresentano un chiaro esempio del nostro
impegno per la salvaguardia dell’ambiente e per la tutela della sicurezza e
della salute nei luoghi di lavoro”
, è stato il messaggio lanciato da Fabio
Riva, figlio e vicepresidente del Gruppo diretto da Emilio. La numero uno di
Confindustria Emma Marcegaglia plaude pubblicamente al nuovo impegno in difesa
dell’ambiente dei proprietari del colosso industriale del capoluogo jonico .
“A me sembra che il Gruppo Riva” , ha dichiarato in quella occasione
Emma Marcegaglia “ abbia fatto sforzi importanti per limitare le emissioni
cancerogene del più grande impianto industriale d’Italia, che dà lavoro a 12mila
tarantini e produce il 75 percento del Pil di Taranto. E di questi sforzi va
dato atto ”
.

Critiche le posizioni di Legambiente e di Taranto libera:
“ L’Ilva, nonostante i suoi dichiarati sforzi per l’ambientalizzazione,
emette il 98% del benzo(a)pirene rilevato. Non crediamo sia lecito, quindi,
considerarci estremisti quando invitiamo le autorità competenti a provvedere al
fermo degli impianti ”
hanno dichiarato. “Ad Emma Marcegaglia diciamo,
invece che la riconversione industriale, la progettazione di nuovi scenari
economici e lavorativi per Taranto, non solo rappresentano una necessità per
questa città data l’estrema incertezza del mercato dell’acciaio, ma anche una
grande opportunità per la definizione di nuove politiche di sviluppo
sostenibile”
, evidenziando la posizione scomoda della Presidente
Marcegaglia: “monopolista in Puglia di discariche ed inceneritori illegali,
grazie a Vendola”
.
Marescotti dice che “il Rapporto Ambiente e
Sicurezza dell’ILVA costa quanto il campionatore continuo della diossina che
l’azienda non vuole installare , venendo meno a un obbligo di legge. Viene
presentato, mentre in parallelo l’azienda non collabora con l’Arpa per il
monitoraggio diagnostico degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA),
negandosi ai controlli interni con tecnologie ad alta risoluzione temporale che
potrebbero verificare in tempo reale le emissioni di questi pericolosi
cancerogeni”
Aggiunge poi Marescotti: “ Il Rapporto arriva poche
settimane dopo il ‘provvidenziale’decreto legislativo 155/2010 del Governo, già
definitosalva-Ilva perché sospende fino al
2013 il tetto per il benzo(a)pirene cancerogeno sistematicamente sforato nel
quartiere Tamburi e che doveva essere rispettato fin dal 1999”
. Ma anche a
pochi giorni dall’avvio dell’incidente probatorio nell’ambito del procedimento
penale n. 4868/10 RGNR della Procura di Taranto nei confronti di Emilio Riva,
Nicola Riva, Luigi Capogrosso, Ivan Dimaggio e Angelo Cavallo, indagati in
relazione alle ipotesi di reato di disastro doloso (art. 434 codice penale) e
omissione dolosa di cautele (437 codice penale). Inoltre sono stati ipotizzati i
reati di getto e sversamento di sostanze pericolose.

martedì 28 giugno 2011

AIA aia
aia!!!

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Fumi dall’Ilva spuntano ombre
sull’autorizzazione
di
MIMMO MAZZA (GdM)

TARANTO
– Getta un’ombra pesantissima sulla procedura di rilascio dell’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) all’Ilva l’inchiesta avviata dai carabinieri del Noe
di Lecce e culminata nei giorni scorsi con la consegna di un dettagliato
rapporto alla Procura. I militari hanno concentrato le loro attenzioni sulle
nuvole rossastre che periodicamente vengono sprigionate dallo stabilimento
siderurgico, sulle torce delle due acciaierie, inserite stabilmente nel circuito
produttivo e dunque non utilizzate per situazioni di emergenza, e sulla gestione
dei rottami ferrosi.

Tra gli atti acquisiti dai carabinieri del Nucleo
operativo ecologico c’è il parere istruttorio conclusivo della Commissione per
l’Aia, parere nel quale le emissioni diffuse derivanti dal taglio rottame
vengono liquidate come «poco significative» mentre la combustione del gas di
scarto, convogliate nelle torce, viene invece definita come «emissione diffusa».
Trattandosi di ben cento milioni di metri cubi l’anno di gas sfogato per ogni
torcia, i carabinieri la definiscono invece come una emissione puntuale e dunque
allo stato non autorizzata, sottolineando come in una lettera del 21 aprile
scorso il Ministero dell’Ambiente abbia chiesto informazioni circa i punti di
emissione in aria e la gestione delle torce dello stabilimento proprio al fine
di «valutare la necessità di avviare il riesame dell’Aia ed evitare che
l’esercizio delle torce avvenga al di fuori dell’autorizzazione».
I
carabinieri del Noe di Lecce contestano al direttore dello stabilimento Ilva,
Luigi Capogrosso, 56enne di Manduria, e ad una persona il cui nome è per ora
coperto da omissis, il getto pericoloso di cose, l’incenerimento di rifiuti
gassosi derivanti dalle acciaierie tramite impianti sprovvisti di autorizzazione
e le emissioni non autorizzate in atmosfera provenienti dalle acciaierie. Le
contestazioni riguardano l’inchiesta dei militari del Nucleo operativo ecologico
confluita venerdì scorso, almeno per la parte riguardante Capogrosso, negli atti
dell’incidente probatorio disposto dal gip Patrizia Todisco, su richiesta del
procuratore capo Franco Sebastio, dell’aggiunto Pietro Argentino e del sostituto
Mariano Buccoliero, sulle emissioni del siderurgico del gruppo Riva, inchiesta
che secondo i carabinieri diretti dal capitano Nicola Candido dovrebbe portare
all’emissione di un provvedimento cautelare reale (ovvero al sequestro) nei
confronti degli impianti ritenuti responsabili delle emissioni, sequestro al
vaglio della Procura che d’altronde proprio chiedendo l’incidente probatorio non
aveva nascosto la possibilità di chiedere provvedimenti importanti nei confronti
dell’Ilva.
Nel primo rapporto inviato a gennaio alla Procura, i carabinieri
sottolineano come «da entrambe le acciaierie (la uno e la due), si sprigionava
in più occasioni una intensa e voluminosa nube rossa» e che l’uso delle torce
sia sistematico e non legato a situazioni di emergenza. Secondo i militari, si
tratta di due fenomeni che si verificano in maniera non episodica o
accidentale.

I
piatti di lenticchie per gli amici

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Chiesa e Politecnico al desco di Riva …e se tra gli altri vengono fuori
anche i nomi dei giornalisti? Scriveranno loro stessi l’articolo? Quanto si
saprà delle carte che scoperchiano il calderone Taranto?
 

Casse di vino, fiori o contanti L’elenco dei
regali fatti dall’Ilva

L’attività di lobby dell’azienda siderurgica, il ruolo di Girolamo Archinà,
capo delle relazioni pubbliche

TARANTO – Due pagine, ottanta righe. Ogni riga una data, un
nome e una cifra (GUARDA IL DOCUMENTO). C’è la parrocchia dei Santissimi
Angeli Custodi (2.500 euro il 19 ottobre 2010), c’è l’Unione italiana per il
trasporto degli ammalati a Lourdes (5.000 euro il 23 luglio 2010), compare la
Banda municipale del Comune di Crispiano (2.750 euro, il 31 dicembre del 2010),
il Lions Club locale (2.500 euro il 15 giugno del 2011), piccole società
sportive come la Okinawa karate (4.000 euro il 31 maggio 2011) o la Triton
Taranto che si occupa di football (2.000 euro il 30 giugno 2011) o
un’associazione tarantina di pattinatori (2.000 euro il 31 luglio del 2011). E
poi società per azioni, aziende informatiche, il Politecnico di Bari, centri
culturali, un comitato per un non meglio precisato festeggiamento, anche un
omaggio floreale da 50 euro, il 5 aprile del 2011.



Lo stabilimento siderurgico (Ansa/Ingenito)Lo
stabilimento siderurgico (Ansa/Ingenito)

GLI OMAGGI – Eccola
qui la lista Ilva degli «omaggi e regalie» 2010-2011. Soldi regalati a questo o
quello oppure spesi per comprare pacchi dono. Gesti che non comportano alcun
reato, ma che secondo la Guardia di finanza indicano quanto elevato fosse il
budget a disposizione di Girolamo Archinà, il capo delle relazioni pubbliche
dell’azienda accusato di fare pressioni sulle istituzioni per favorire in ogni
modo l’acciaieria. E la lista indica anche quanto estesa fosse la rete di
contatti «sociali» dell’Ilva nel territorio. 


LA RETE – L’elenco è stato
consegnato agli inquirenti da Francesco Cinieri, dal 1986 responsabile della
contabilità dello stabilimento siderurgico. Secondo i magistrati in quella lista
di donazioni e acquisti di regali per amici e giornalisti, è stata
contabilizzata come «spese di direzione» anche la mazzetta da diecimila euro che
Archinà avrebbe pagato al consulente tecnico della procura, Lorenzo Liberti,
perché «addolcisse» le sue considerazioni sull’inquinamento. Circostanza che
Liberti (filmato mentre ritira una busta da Archinà) nega («conteneva il testo
di un accordo-quadro»). Nelle carte contabili dell’Ilva c’è un documento di due
righe (anche quello consegnato ai finanzieri da Cinieri) allegato ad una delle
informative del caso giudiziario. È un foglio con il quale Archinà chiede a
Cinieri di «predisporre 10 mila euro da utilizzare per offerta alla Chiesa di
Taranto in occasione della Pasqua». La data è del 25 marzo 2010, lo scambio
della presunta mazzetta avviene il giorno dopo e anche se lo stesso arcivescovo
conferma la donazione, secondo i finanzieri quelle due righe sono il sotterfugio
usato da Archinà per giustificare il prelievo dei soldi e nasconderne il vero
motivo. 

LE EROGAZIONI – Sentito come testimone, Cinieri dice: «posso pensare che
la somma che mi fu richiesta, essendo periodo pasquale, potesse essere
consegnata all’Arcivescovato». Per aggiungere poi che «almeno una volta
all’anno, o a Natale o a Pasqua, viene fatta una erogazione, anche se per cifre
che normalmente non superano i 5.000 euro. Se non erro non è mai avvenuto che ne
sia stata fatta una da 10.000 euro». I magistrati lo convocano il 25 novembre
scorso. Lui spiega come recuperò frettolosamente i 10.000 euro che Archinà
voleva subito (prima di partire per l’incontro con Liberti) e poi dice che in
ufficio ha quel che serve per dimostrare come finiscono in bilancio le spese del
capitolo «omaggi e regalie». Il verbale viene interrotto e i finanzieri vanno
assieme a lui negli uffici della direzione Ilva. Cinieri passa in rassegna i
file del computer e stampa le due pagine dell’argomento. «Ecco» spiega. «Se la
descrizione del beneficiario è ben specificata è perché da loro stessi è
arrivata una richiesta formale. E in quel caso l’erogazione avviene tramite
bonifico o assegno circolare non trasferibile». Ma c’è una seconda opzione. «Se
la descrizione del beneficiario non è specificata – racconta il contabile –
allora si tratta di uscite di cassa per contanti e significa che non c’è una
richiesta preventiva ma che la richiesta avviene direttamente dalla direzione,
per questo la causale è “spese di direzione”». Proprio come quella spesa di 10
mila euro registrata lo stesso giorno della presunta bustarella. O come un’altra
dazione, per la stessa cifra, contabilizzata il 14 aprile 2011 come «erogazione
della direzione». Sospetta come la prima, secondo gli inquirenti.

IL CASO
Fra i nomi delle società del capitolo «omaggi e regalie» dell’Ilva ce n’è
una, la Semat Spa, che vanta le cifre più alte: da un minimo di 1.286 euro a un
massimo di 64.341. Ovviamente le cifre accanto ai nomi non significano sempre
che si sia trattato di una donazione. In alcuni casi, per esempio con la
«D’Erchie Srl» (un’azienda che produce olio d’oliva) e la «Longo, un mondo di
specialità» (vini e prodotti alimentari) le migliaia di euro accanto al nome
indicano le spese sostenute per i pacchi-regalo di fine anno, moltissimi ai
giornalisti. La cifra più piccola 72.69 euro, la più alta 8.400.

Giusi
Fasano – Corriere della Sera
   

Soldi e casse di
champagne per amici, preti e giornalisti
 

TARANTO – C’è la banda di Crispiano e la parrocchia
Santi Angeli Custodi di Taranto. Il Lions club di Taranto e il Politecnico di
Bari. Tutti inseriti, insieme a società sportive, comitati festeggiamenti ma
anche due note enoteche dalle quali partivano casse di champagne per giornalisti
e rappresentanti delle istituzioni ogni fine anno, nelle due pagine della voce
«omaggi e regalie» del bilancio dell’Ilva finite nell’inchiesta della Guardia di
Finanza per corruzione in atti giudiziari che vede indagati a piede libero il
vicepresidente del gruppo, Fabio Riva; l’ex direttore dello stabilimento
siderurgico, Luigi Capogrosso; l’ex consulente dell’Ilva per l’ecologia e i
rapporti istituzionali, Girolamo Archinà e l’ex consulente della Procura di
Taranto, Lorenzo Liberti, già preside del Politecnico. I documenti sono stati acquisiti dai militari delle Fiamme Gialle per
ricostruire il flusso di denaro dall’Ilva all’esterno e dunque capire se i
diecimila euro che Archinà chiese all’amministrazione di preparare in fretta e
furia il 25 marzo del 2010 erano destinati all’allora vescovo Benigno Luigi Papa
per la Pasqua di quell’anno, come l’llva ha sempre sostenuto, oppure se invece
erano per il professor Lorenzo Liberti, allora consulente del pm Mariano
Buccoliero, incontrato da Archinà il 26 marzo sempre del 2010, nell’area di
servizio di Acquaviva delle Fonti, sull’autostrada Taranto-Bari. Liberti, difeso
dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Vincenzo Vozza, ha respinto sia
nell’interrogatorio tenuto dinanzi al pm Remo Epifani che nella memoria
depositata al gip Giuseppe Tommasino, l’accusa, sostenendo di aver sì ricevuto
una busta bianca da Archinà – d’altronde le immagini del sistema di
videosorveglianza dell’area di servizio sono inequivocabili – ma all’interno
c’erano solo documenti riguardanti un protocollo di intesa che Ilva e
Politecnico di Bari stavano per sottoscrivere.

Vero o falso? Nelle due pagine
degli omaggi e delle regalie quei diecimila euro ci sono, ma stranamente manca
il destinatario in quanto il 26 marzo vengono rubricati genericamente, e secondo
i finanzieri in maniera eloquentemente sospetta, sotto la voce «spese
direzione». 

Non è l’unica volta che accade perché anche il 14 aprile del 2011 dalle casse
dell’Ilva escono 10mila euro sotto la voce «erogazione direzione».
L’interrogatorio del contabile dell’Ilva Francesco Cinieri non risolve il
giallo. Cinieri ai finanzieri dice infatti che Archinà non gli disse a chi erano
destinati i soldi ma che poteva pensare che, essendo in periodo pasquale,
potessero essere consegnati all’arcivescovado di Taranto. «Almeno una volta
all’anno davamo all’arcivescovado cifre che non superavano i 5.000 euro», ha
sostenuto Cinieri, aggiungendo dubbio ai dubbi, vista l’entità della somma.
Archinà, poi, si arrabbiò non poco quando seppe che i contabili dell’Ilva non
erano riusciti a trovare banconote di grosso taglio. E appena ebbe i soldi,
invece di chiamare in arcivescovado, telefonò a uno stretto collaboratore del
professor Liberti, col quale riuscì ad incontrarsi alla stazione di servizio. (Mimmo
Mazza – GdM)

TUTTI sapevano TUTTO!

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Diossina e ossido di ferro dall’Ilva. “Il ministero sapeva tutto dal 2011”


C’è
poco da scherzare

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TARANTO: DIRITTO AL LAVORO O DIRITTO ALLA SALUTE?

I
telegiornali hanno trasmesso immagini relative all’ILVA di Taranto che
mostrano fatti recentissimi e sconvolgenti di inquinamento ambientale
.
L’Ordine dei Medici della Provincia di Taranto ha pubblicato un
documento dove invita i genitori del quartiere Tamburi
a impedire che i loro bambini possano giocare a contatto con la
terra
e sollecitandoli al ritorno a casa a fare immediatamente
una doccia e lavare i vestiti
, evitando in ogni circosatanza che
corrano sul prato.  Un magistrato serio e rigoroso come Patrizia
Todisco
ha firmato una ordinanza di sequestro degli
impianti dell’ILVA per gravissime violazioni accertate
che hanno causato morti
. Gli ultimi dati ambientali disponibili (resi
noti a inizio 2012) indicano che nel 2010 l’ILVA ha emesso dai propri
camini:

  • 4mila tonnellate di polveri
  • 11mila tonnellate di diossido di azoto
  • 11mila e 300 tonnellate di anidride solforosa
  • 1 tonnellata e 300 chili di benzene
  • 338,5 chili di IPA
  • 52,5 grammi di benzo(a)pirene
  • 14,9 grammi di composti organici di benzo-p-diossine e
    policlorodibenzofurani (PCDD/F)

Parliamo insomma di circa
150 kg di sostanze emesse ogni anno per ciascun residente.
Uno
studio (denominato Sentieri), dell’Istituto Superiore di
Sanità
, pubblicato sulla rivista scientifica “Epidemiologia e
Prevenzione
” nel dicembre 2011, indica il numero di morti in eccesso nelle
popolazioni che vivono nei 44 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche
(SIN). I dati dei ricercatori descrivono una media di 1.200 morti in
eccesso all’anno
nel periodo 1995-2002 (cioè 1.200 decessi in più di
quanti statisticamente ne sarebbero stati attesi). Molti di questi
decessi sono legati a tumori polmonari, a tumori della pleura e a tumori del
fegato
.
Tuttavia, i dati resi pubblici in queste
ultime settimane non indicano la quantità di sostanze cancerogene
presenti attualmente
nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee
e nei sedimenti marini di Taranto. Né indicano quanti bimbi, quante
donne, quanti operai si sono ammalati e sono morti negli ultimi due-tre
anni.

Io credo che il Ministero della Salute ed il Governo
debba rendere immediatamente pubbliche tutte le informazioni scientifiche di cui
dispone. Solo sulla base di dati scientifici recenti e certi si possono prendere
delle decisioni che siano nell’interesse di chi vive e lavora a
Taranto.

E comunque non si possono mettere in un conflitto
irrisolvibile due diritti fondamentali come il lavoro e la salute.
L’articolo 41 della Costituzione parla chiaro:
l’iniziativa economica non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza
delle persone. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare e farsi carico di
riconvertire il sito industriale con percorsi lavorativi che abbiano come
protagonisti gli stessi lavoratori dell’ILVA e dell’indotto.

TUTTI sapevano TUTTO!

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Diossina e ossido di ferro dall’Ilva. “Il ministero sapeva tutto dal 2011”

20/08/2012 – i militari
avevano assistito personalmente agli sbuffi di fumi rossi dell’acciaieria

Diossina e ossido di ferro dall’Ilva “Il
ministero sapeva tutto dal 2011”

Il rapporto dei carabinieri

del Noe fu inviato alla Prestigiacomo: “Emissioni diffuse”

guido ruotolo
inviato a taranto
L’esplosivo rapporto del Noe (Nucleo operativo ecologico) dei
carabinieri di Lecce del maggiore Nicola Candido, che documentava il disastro
ambientale di Taranto, con le fughe di emissioni «diffuse e fuggitive» dagli
impianti di area a caldo dell’Ilva, arrivò a Roma, al ministero dell’Ambiente.
Eravamo alla vigilia dell’approvazione, dopo sette anni, dell’AIA,
l’Autorizzazione integrata ambientale, e non successe nulla.
Nessun intervento,
interrogativo, nessuna iniziativa fu presa. Eppure, quel rapporto del Noe con la
denuncia di centinaia di «eventi irregolari» è parte integrante delle accuse
mosse dalla Procura di Taranto all’Ilva.



L’allora ministro per
l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, giura che non vi furono pressioni di sorta
per l’AIA, che fu approvata il 4 agosto del 2011. Anche se dalle intercettazioni
telefoniche e ambientali risulta, invece, che i dirigenti dell’Ilva si mossero
con funzionari della Regione Puglia e con la commissione ministeriale per
addolcire l’AIA. Ma rimane un mistero come della prova dell’inquinamento in
corso a Taranto nessuno tenne conto. Era l’aprile dell’anno
scorso.


Circolavano in rete video o fotografie che riprendevano «strani»
sbuffi dall’acciaieria dell’Ilva e più in generale dall’area a caldo dello
stabilimento. Con il via libera della procura, il Noe dei carabinieri di Lecce
piazzò alcune telecamere esterne ai perimetri dell’Ilva. Mise sotto
intercettazione visiva e sonora per quaranta giorni quello che accadeva, 24 ore
su 24, nella acciaieria più grande d’Europa.
E registrò il cosiddetto
fenomeno di «slopping» in occasione delle colate d’acciaio, la fuoriuscita cioè
di ossido di ferro, una nuvola rossastra che posandosi sporca di rosso gard rail
e asfalto della provinciale, dall’acciaieria 1 e 2.

Dal primo aprile al 10 maggio del 2011 furono segnalati 121 fenomeni di
«slopping» all’acciaieria 1 e 65 all’acciaieria 2. Nel secondo caso, la metà di
quelle emissioni dell’acciaieria 1. E per gli uomini del Noe che fecero domande
e acquisirono documentazione, fu chiara la ragione della differenza:
all’acciaieria 2 erano stati montati sistemi di captazione di fumi più moderni.
In ogni caso, la dimensione dei fenomeni era tale che non potevano essere
giustificati per la eccessiva frequenza.

Naturalmente viene spontaneo
chiedersi se rispetto a un anno fa la situazione è migliorata o meno.
E la
risposta (molto informale) che arriva da chi monitora l’inquinamento è che gli
«slopping sono ridimensionati ma non eliminati». Ma perché avvengono e cosa si
può fare per eliminarli? Intanto è evidente che la differenza tra le due
acciaierie indica una possibile soluzione, sull’efficacia dei sistemi di
captazione, poi la causa potrebbe trarre origine da «rotture meccaniche», da
«errori tecnici», dalle stesse «torce meccaniche».
L’attività di monitoraggio
del Noe dei carabinieri di Lecce, nella primavera dello scorso anno non si fermò
soltanto alle acciaierie. Dalla gestione dei rottami ferrosi, un’area all’aperto
dove attraverso piccole colate di materiali incandescenti, ad alta temperatura,
viene recuperato il ferro, si notavano, di notte, dei bagliori. Erano emissioni
in atmosfera di fumi non captati. E poi le cosiddette torce, collegate
all’acciaieria, dove vengono convogliati i gas della colata. Sono dei sistemi
d’emergenza che per gli 007 del Noe in realtà servono a smaltire gas, ovvero
rifiuti che dovrebbero essere recuperati diversamente.

Il rapporto del
Noe dei carabinieri di Lecce è parte integrante delle accuse della Procura di
Lecce che, tra l’altro, trova conferme nel lavoro dei periti chimici durante
l’incidente probatorio. E sempre al Noe toccò verificare alcuni esposti con
allegati video su quello che accadeva nel reparto cokerie. Il 28 novembre del
2011, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce entrarono all’Ilva.
Scrive il gip Patrizia Todisco: «L’esito fu sconcertante. Durante la fase di
scaricamento i militari notavano personalmente, in sede di sopralluogo, la
generazione di emissioni fuggitive provenienti dai forni che, una volta aperti
per fare fuoriuscire il coke distillato, lasciavano uscire i gas del processo
che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori».


Passerà?

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Ilva, gli affari di
Passera con Riva: il legame tra Banca Intesa e la società

Nel 2008 il ministro,
allora amministratore delegato dell’istituto di credito, lanciò l’appello per
salvare Alitalia: l’industriale acquisì il 10% della compagnia e divenne il
secondo azionista. E nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per
comprare l’acciaieria messa in vendita dallo Stato 


corrado passera interna nuova

C’è il Corrado Passera ecologista,
quello che tre giorni fa ha detto: “I criteri di salute pubblica vanno
considerati (….) e quindi gli
impianti di Taranto
non devono essere tenuti aperti a qualunque
costo”. E poi c’è il Passera che si preoccupa di lavoro e produzione, tanto da
garantire, il 26 luglio, che “governo e istituzioni locali faranno tutto il
possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità
produttiva”. Questo è quanto raccontano le cronache delle ultime settimane sulla
vicenda del sequestro degli impianti Ilva. Resta da capire come queste due
maschere indossate dal ministro dello Sviluppo, due maschere già piuttosto
contrastanti tra loro, riescano a conciliarsi con un terzo ruolo interpretato
fino a pochi mesi fa da Passera. Un ruolo da supermanager, da capo di Intesa. E
proprio in veste di banchiere, come numero uno del più grande istituto italiano,
l’attuale superministro del governo Monti, era di gran lunga il finanziatore
di riferimento del gruppo Riva
, cioè, in sostanza, dell’Ilva di
Taranto.
Un legame strettissimo, quello tra Intesa e il colosso italiano
dell’acciaio. Tanto che nel 2008, quando la banca allora guidata da Passera si
mette alla ricerca di imprenditori disposti a intervenire per salvare
l’Alitalia, ecco che Emilio Riva, l’ottuagenario patron del gruppo, è uno
dei primi a rispondere all’appello. Per molti quell’intervento fu una sorpresa.
Mai, in più di mezzo secolo di carriera, il padrone dell’Ilva aveva puntato un
soldo su un qualunque investimento che non avesse a che fare con l’acciaio. A
quanto pare, invece, il fascino della scommessa su Alitalia dev’essere stato
irresistibile. O forse Passera e il governo di Silvio Berlusconi, sponsor
politico dell’operazione, devono aver usato argomenti particolarmente
convincenti. Sta di fatto che Riva ha messo sul piatto addirittura 120 milioni
di euro per comprare il 10,8 per cento della compagnia aerea e diventarne e così
il secondo maggior azionista dopo i francesi di Air France (25 per cento)
e addirittura davanti a Intesa, che possiede il 9 per cento circa di Alitalia.
Per Riva, come per tutti gli altri partecipanti alla cordata tricolore,
l’investimento si è fin qui rivelato piuttosto avaro di soddisfazioni, per usare
un eufemismo. A più di tre anni dal salvataggio l’ex compagnia di bandiera
continua a viaggiare in perdita e le prospettive per l’immediato futuro non
sembrano granchè esaltanti. Poco male, per Riva che a differenza di altri
investitori continua a mantenere in bilancio la sua quota di Alitalia al valore
di carico, senza svalutarla. D’altronde, in tempi di crisi gravissima per
l’acciaio, è lecito sospettare che i proprietari dell’Ilva contassero di
incassare un dividendo, per così dire, politico dalla loro partecipazione alla
cordata promossa da Berlusconi e Passera, come numero uno di Intesa.
Sarà un
caso, ma giusto poche settimane prima che venisse siglato l’affare (si fa per
dire) Alitalia, la banca all’epoca guidata da Passera finanziò un’operazione
molto importante dei Riva. Con un prestito di 100 milioni di dollari (circa 80
milioni di euro) il gruppo che controlla Ilva siglò un contratto con un cantiere
cinese per la costruzione di due enormi navi tipo bulk carrier (più di
100 mila tonnellate di stazza) che servono a trasportare minerali di ferro, la
materia prima delle acciaierie. Va detto che i rapporti tra il patron Emilio
Riva, ancora agli arresti domiciliari dal 26 luglio
, e la banca milanese
datano da gran tempo, molto prima che Passera si insediasse al
vertice.
L’industriale dell’acciaio è stato per decenni un importante cliente
della Cariplo, la grande cassa di risparmio lombarda che 15 anni fa si è fusa
con il Banco Ambroveneto, dando vita all’istituto destinato a crescere
ancora (Comit e poi Sanpaolo) fino a diventare l’attuale Intesa.
Nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per comprare l’Ilva messa
in vendita dallo Stato. Un’operazione da 2.200 miliardi di lire, pari a oltre un
miliardo di euro attuali. Con il passare del tempo i rapporti tra Riva e la sua
banca di riferimento si sono consolidati e gli affari sono proseguiti alla
grande anche dopo l’arrivo del banchiere destinato a diventare ministro. Intesa
resta la banca di riferimento del colosso siderurgico, seguita a distanza dalla
Popolare di Bergamo. D’altra parte un cliente come l’Ilva e le altre
acciaierie targate Riva valgono decine di milioni l’anno di ricavi per gli
istituti di credito che hanno finanziato il gruppo per oltre 2 miliardi di euro.
E allora come dire di no a un banchiere amico come Passera. Un banchiere che ora
fa il ministro e sarà chiamato (anche lui) a risolvere la colossale grana di
Taranto.

da
Il Fatto Quotidiano del 10 agosto 2012

Soldi pubblici, vizi privati: il forziere dei Riva

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IL PUNTO DI MARIO MOLINARI (Savonanews)

Ilva “eccellenza italiana” con € 164.400.000 di
capitale sociale in Lussemburgo

Ma in arrivo ci
sono 336 milioni di Euro pubblici per bonificare i danni degli impianti
(privati) Il notaio Lussemburghese? Ironia della sorte: Monsieur Hellinckx, lo
stesso di Nucera e Geotea


Leggendo l’accattivante brochure del Gruppo Riva si avverte
la fragranza di “una storia italiana”, una specie di mulino bianco dove si
macina carbone per colare l’acciaio da vendere. Per guadagnare soldi,
semplicemente. 
L’ILVA è stata “privatizzata” dalla vecchia Italsider, dove
navigò il buon Gambardella della Margonara. Italsider fece senz’altro un buon
affare vendendo Ilva ai Riva, tanto che i Riva ci cavarono palate di miliardi, a
quel punto privati. 
Grati, investirono così tanto per non appestare il
luogo, che la magistratura, nonostante ogni tipo di tentativo di portar dalla
loro stampa e controllori, anche facendo perder la faccia ad una persona perbene
come l’ex prefetto Bruno Ferrante, gli sequestrò lo stabilimento. 
L’ilva è
controllata totalmente dai Riva, attraverso la RIVA FIRE Spa, dove “FIRE” non
sta per fuoco in inglese ma per una cosa tipo Finanziaria Industriale Riva
Emilio. 
Ed è con questo nome che all’inizio della vicenda provammo a vedere
se esisteva nel paradiso fiscale europeo per eccellenza – il Lussemburgo – senza
successo. Bene, pensammo. almeno qualcuno che sta davvero in Italia, anche
fiscalmente. 
Poi fummo colti da un pensiero: ma vuoi veder cosa combina il
senso d’onnipotenza? E cercammo nel Granducato fiscale – banalmente – alla voce
“ILVA” 
ed eccola lì, 

ILVA INTERNATIONAL S.A. costituita il 05/02/2004, in rue de
la chapelle (la strada della cappella) pure al civico
17

tra

1) ILVA SpA, ayant son siège à Viale Certosa 249, I-20151
Milan rappresentata da Monsieur Michel Comblin, conseil fiscal, demeurant à
Glabais (Belgique), en vertu d’une procuration sous seing privé, lui délivrée
à Milan, le 5 décembre 2003.

2) PARTICIPATIONS ET FINANCEMENTS EXTERIEURS S.A., en abrégé
PARFINEX S.A., ayant son siège à L-1325 – Luxembourg, 17, rue de la Chapelle,
ici représentée par Monsieur Claude Zimmer, conseil fiscal, demeurant à
Luxembourg 

Per un totale di 16.440.000 actions de EUR 10 chacune, totalisant
EUR 164.400.000

Centosessantaquattro milioni di
Euro, oltre trecento miliardi di vecchie £ire. Non esattamente una mancia pro
forma per una scatola vuota. 
Si, ma i Riva che c’entrano? Leggiamo oltre
alla voce Amministratori

2. Sont appelés aux fonctions d’administrateur non
rémunéré:

a) Monsieur Fabio Riva, entrepreneur, né à Milan,
le 20 juillet 1954, demeurant professionnellement à I-20151 Milan, Viale
Certosa 249.
b) Monsieur Angelo Riva, industriel, né à Milan, le
19 octobre 1966, demeurant professionnellement à L-20151 Milan Viale Certosa
249.
c) Monsieur Hans-Hinrich Muus, conseiller d’entreprise, né
à Hamburg, le 13 octobre 1937, demeurant à D-20148 
A rivedere i conti una
vecchia conoscenza come DELOITTE & TOUCHE S.A.
E il notaio che
redige l’atto? Naaaa: Henri Hellinckx, lo stesso della GEO di Nucera e della
Geotea (Ecosavona & Bossarino) di Bagnasco
Bravi tutti.  
In
appendice: 
Tra il 1994 e il 1995, a cavallo tra i governi Ciampi, Berlusconi
I° e Dini va in porto la privatizzazione dell’ILVA (che dopo aver aperto il
bijoux di Taranto cambiò il nome in Italsider) 
Erano appena trascorsi gli
anni belli di Giovanni Gambardella, che tentò la Margonara. Il Corriere della
Sera nel 1993 ricorda così: 

“Celebri
manager pubblici e privati, una volta rimossi da poltrone di prestigio, si
mettono in proprio e ricominciano, si fa per dire, da zero. E cosi’ ha fatto in
sordina anche Giovanni Gambardella, l’ ex amministratore delegato dell’
Ilva travolto dalle perdite della siderurgia pubblica.” 
Condensando in una riga: lo Stato sbologna l’Ilva, i Riva se la acchiappano.
Chi avrà fatto l’affare. Segue uno schema dei dati economici del Gruppo Riva nei
quali curiosamente il Lussemburgo pare proprio non compaia. Fonte: il Gruppo
Riva 
ma se l’ITALSIDER era così in perdita… com’è che, passata ai
Riva…

 


Una fionda per Davide?

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ILVA: MILLE IN PIAZZA A TARANTO E APPLAUSI A GIP

OPERAIO SIDERURGICO
CATALDO RANIERI È IL SIMBOLO DELLA PROTESTA
(dell’inviato Roberto
Buonavoglia)
Non chiamatelo capopopolo, potrebbe offendersi. Ma il
carisma di Cataldo Ranieri, operaio dell’Ilva di 42 anni, è tipico di chi le
battaglie ha deciso di farle sul serio e non certo contro la magistratura ma per
difendere dall’inquinamento industriale la sua città. Lui, addetto agli impianti
marittimi del siderurgico tarantino, che – dice – da «tre anni sono sotto
sequestro con facoltà d’uso», è in grado di parlare alla gente, di scandire
quelle parole che la politica ha smesso da tempo di pronunciare. È capace pure
di emozionarsi. I cittadini lo sanno e lo seguono, come un capopopolo. Per
questo oggi pomeriggio Ranieri e gli aderenti al ‘comitato cittadini e
lavoratori liberi e pensantì, del quale l’operaio è portavoce, sono riusciti a
portare nella centralissima piazza della Vittoria circa mille persone. È vero,
non si tratta di molta gente anche se mancano tre giorni a Ferragosto e la città
è semi deserta, ma a Taranto tante persone per strada a parlare dell’Ilva e di
tumori su invito di un gruppo di comitati non si erano mai viste. E poi è la
piazza a mormorare che finalmente qualcosa si muove e che l’anello di
congiunzione tra i vari comitati e associazioni è proprio questo ragazzone
biondo che si consegna alla folla, alle telecamere e ai flash con ciabatte
infradito, bermuda e t-shirt. Per spiegare subito di che pasta è fatto dice di
essere «politicamente indipendente», di lavorare all’Ilva da 15 anni, di avere
due figli maschi di 9 e 13 anni e aver un mutuo sulle spalle da 650 euro al mese
che finirà di pagare tra 25 anni.
Quindi, è uno che ha certamente bisogno di
lavorare per vivere.
Ma dice di essere felice di «avere finalmente rotto le
catene» per dire alla gente «che i politici hanno tradito i tarantini perchè non
sono mai intervenuti per fermare l’Ilva che avvelena Taranto», e ai suoi
colleghi «che non si può barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri
figli».
Ranieri è il primo a parlare alla folla, poi interverranno gli
aderenti ad altri comitati. Ma quello che subito balza all’attenzione è la
voglia dei tarantini di dire basta.
Infatti, non si era mai vista una piazza
acclamare a squarciagola come si fa allo stadio il nome di un giudice, il gip
Patrizia Todisco, che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva e che
ha avuto il coraggio di ribadire che gli impianti vanno fermati. Al magistrato
la folla ha riservato anche un applauso scrosciante. «Mentre fino a qualche mese
fa – ha detto Ranieri – si invitava la magistratura a fare il proprio dovere
sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un
giudice che ha fatto solo il suo dovere».
«La gente – sottolinea l’operaio –
sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha
tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la
città».
Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a
Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. «Vengono – dice Ranieri, a cui fanno
eco gli esponenti di altri comitati – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi,
tre ministri, li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi
intubati in ospedale perchè ammalati di tumore». Ed è stata proprio una storia
di tumore che lo ha indotto a fondare il comitato. «Il 27 luglio – racconta
emozionato – stavamo bloccando il ponte girevole per protestare contro il
sequestro dell’Ilva; mi si è avvicinato un automobilista e mi ha detto: ‘Io devo
passare, devo accompagnare mia moglie a fare la chemioterapià. Da quel giorno –
sospira – la mia vita è cambiata».
(ANSA).

I
documenti originali parlano chiaro! Attenti ai media!

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…grazie al formidabile blog
Corporeus Corpora
vi sottoponiamo gli ultimi documenti della Procura
sull’Ilva

—————————————-

Tarasleaks 2012: I due
provvedimenti del G.I.P. in seguito alle decisioni del riesame

Gli atti giudiziari del 10 e dell’11 Agosto 2012
a firma Patrizia Todisco, in originale

La vicenda ILVA prosegue a spron battuto, anche
in queste ore. Corporeus corpora, secondo quanto
promesso, ha ottenuto i documenti originali del processo che vanno a completare
quanto già messo da noi a disposizione nei giorni trascorsi:
  1.  Decreto di sequestro con copiosa documentazione tecnica,
    G.I.P.
  2.  Dispositivo riesame su decreto di sequestro (impugnato da
    ILVA), Tribunale del riesame
In seguito, nelle giornate del 10 e dell’11, la
dottoressa Patrizia Todisco ha ritenuto di intervenire a sua volta sulle
decisioni del riesame, alquanto sibilline, come subito riconoscemmo.
Ambedue gli atti sono ampiamente motivati, ma
vanno letti in originale. Solo così si può evitare che la strumentalizzazione
politica, giudiziaria e giornalistica renda indistricabile il contesto e gli
avvenimenti. Corporeus corpora dichiara sin dall’apertura questo quale
scopo principale della sua presenza.
Ecco il primo dei due provvedimenti,
n.5488/10, che ha la funzione di tradurre in realtà processuale le indicazioni
ricevute dal riesame. Affermando che il testo della sentenza del riesame non
prevede la possibilità di produrre alcunchè, se non bonifiche.
E di adottare
“tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protrarsi delle situazioni
di pericolo e ad eliminare le stesse”, in quanto l’impianto del decreto di
sequestro viene esplicitamente confermato.
Notate bene che in questo primo provvedimento,
di 3 pagine, la nomina del dr. Ferrante quale custode, per come decisa dal
riesame, resta incontestata.
A seguire il secondo, finalizzato questa volta
alla revoca del dr. Ferrante quale custode dei beni sequestrati.

Chiarimenti
Riesame ILVA_5488-10

L’atto a
seguire, con cui il G.i.p. nega al direttore dello stabilimento Ferrante la
qualità di custode, ha come motivazione l’aver egli compiuto immediatamente atti
incompatibili con la sua qualità pubblica. 

Segnatamente l’ordine immediato ad impugnare il provvedimento
n.5488/10 (sopra)
, impartito in qualità di “presidente del consiglio di
amministrazione e legale rappresentante pro tempore dello stabilimento
ILVA s.p.a. di Taranto” e comparso in veste di notizia sul sito dell’Ansa alle
16.43 del giorno 11 Agosto, manifesta da subito l’incompatibilità delle due
funzioni, in palese contrasto.

Almeno
nell’opinione della dottoressa Todisco. Che ci sentiamo di condividere, sebbene
non si siano attese le motivazioni del riesame per procedere: non crediamo ciò
lasci troppo spazio al Guardasigilli Cancellieri per interventi di sorta.
Leggete però da
voi:

Incompatibilità
Ferrante_ILVA






Ovviamente non finisce qui. Nè la vicenda ILVA, nè il nostro committment a
fornire dati e testi certi su cui ciascuno possa costruire un’opinione ben
fondata, sottratta alle sabbie mobili della propaganda. 


Dal
teatrino di Roma

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Ecco il podio del Circo Massimo Romano.
La medaglia d’oro va
ovviamente al Gran Clown Clini che vince lo spazio video con la sua proposta di
interpellare l’Organizzazione Mondiale della Sanità per Taranto!! Ma il suo
Ministero che fa?

Ricordando la celebre gag di Corrado Guzzanti ci
viene in mente quello che disse il tecnico dopo aver aperto il computer per
riparalo: “qui ci vuole un tecnico”!

A proposito, sulla scia di questa
iperbole di battute da circo: c’è nessuno che proponga di mandare i Caschi Blu
all’Ilva?

 

—————————————–

Un testo da applausi per la prima parte e indubitabilmente ottuso
nella seconda. Ecco i due volti confusi della Lega!

PS. Ma la famiglia
Riva non è di Brescia?

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 Ilva: Lega Nord diserta audizione Clini, ”Governo meridionalista”

(ASCA)
– Roma, 14 ago – ”Oggi i componenti della Lega Nord in seno alla commissione X
Attivita’ Produttive della Camera dei deputati non prenderanno parte alla
riunione della stessa che deve avvenire congiuntamente con la commissione
ambiente sul caso Ilva di Taranto per una precisa ragione politica”.
Lo
annuncia, in una nota, Gianni Fava, responsabile del settore attivita’
produttive della Lega Nord.
”Non abbiamo in alcun modo condiviso nelle
modalita’ ne’ tantomeno le finalita’ dell’odierna convocazione. Troviamo infatti
discutibile – spiega Fava – il fatto che si riuniscano organismi parlamentari in
un periodo del genere per commentare una sentenza della magistratura ed
eventualmente censurarla. La sinistra italiana per anni ci ha ripetuto che le
sentenze si rispettano e non si commentano e adesso chiedono a gran voce di
convocare il parlamento per fare quello che normalmente imputavano al mondo
berlusconiano. Il fatto poi che a fare il pm della politica contro la
magistratura sia chiamato il ministro Clini lascia quantomeno perplessi. Se le
leggi sono sbagliate il parlamento dispone degli strumenti e delle prerogative
per modificarle, ma se sono giuste allora bisogna tollerare che i magistrati le
applichino. Siamo certi che tutto questo fervore non si sarebbe verificato se si
fosse trattato di qualche azienda del nord, magari medio-piccola, per la quale
nel caso di ordinanze restrittive da parte della magistratura avremmo assistito
ad un patetico coro di consenso provenire dall’area benpensantedella politica
italiana”.
Ma si sa, conclude, ”anche se noi non ci rassegniamo
facilmente, questo governo dimostra tutto il proprio strabico razzismo nei
confronti del nord e non perde occasione per dimostrare che quando in ballo ci
sono gli interessi del sud tutte le armi sono ammissibili, compresa
un’incomprensibile levata di scudi nei confronti di quei magistrati che fanno
solo il proprio mestiere. Pertanto abbiamo deciso di lasciare che se la cantino
e se la suonino da soli, riservandoci di prepararci per una grande battaglia
parlamentare alla ripresa di settembre quando si entrera’ nel vivo del dibattito
sul cosiddetto decreto Ilva, dove guarda caso si cerchera’ di far piovere
ingenti quantita’ di risorse pubbliche a favore del giusto risanamento di
un’area fortemente compromessa, ma non si affrontera’ in alcun modo e con alcuna
risorsa il tema del risanamento delle tante areedel nord che necessitano dei
medesimi interventi”.
————————————-

Ma
perché quando Di Pietro era ministro per le infrastrutture e non si mosse per le
bonifiche e le verifiche sui fondali del porto? 

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Ilva, Di Pietro: Riva foraggiava politici per avere regalie

“Quel che ha fatto lui peggiorerà con la nuova legge su finanziamento”

(TMNews)
– “Emilio Riva è il proprietario dell’Ilva, la fabbrica che da anni avvelena
Taranto senza che la politica nazionale muova un dito per proteggere i cittadini
e far rispettare la legge. Sarà una coincidenza, ma Emilio Riva è anche un
grande finanziatore della politica, uno di quelli che non fanno preferenze e
foraggiano un pò tutti: un miliardo a destra, uno a sinistra e nessuno
s’ingrugna”. E’ quanto scrive sul suo blog il leader dell’Italia dei Valori,
Antonio Di Pietro.
Mentre appestava il mare, l’aria e la terra di Taranto –
sottolinea l’ex pm – Riva donava 245mila euro a Forza Italia e 98mila non al Pd,
che allora ancora non esisteva, né ai Ds, ma al futuro ministro dello Sviluppo
Economico e futuro segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Si trattava di
finanziamenti leciti e del tutto regolari. Ma, che il signor Riva, un tipo
accorto e ben attento al proprio portafogli, abbia cacciato tutti quei soldi
gratis et amore Dei non lo crederebbe nemmeno un bambino: lo scopo era riceverne
regalie”.
Riva – aggiunge ancora Di Pietro – si è fatto bene i conti. Ha
capito che avrebbe risparmiato milioni di euro intervenendo sul sistema e
rendendoselo amico con il denaro, piuttosto che mettendo in sicurezza i suoi
impianti e bonificando l’ambiente che aveva inquinato. Io non voglio neppure
pensare che la folle aggressione contro la magistratura di Taranto da parte dei
principali partiti c’azzecchi qualcosa con quegli esborsi. Ma, proprio perché
non lo penso, dico forte e chiaro che chi ha preso soldi da Riva dovrebbe, oggi,
sentire il dovere morale e avere la delicatezza istituzionale di non intervenire
a gamba tesa in questa vicenda e lasciare che se ne occupi chi di
dovere”.
Questa brutta vicenda è un presagio chiaro, purtroppo, di quello che
succederà con la nuova legge sul finanziamento dei partiti, varata a luglio e
scritta dalla Casta su proposta di ABC. Quella legge – sottolinea ancora il
leader Idv – incentiva le donazioni dei privati ai partiti, gli permette di
scaricarsele dalla dichiarazione dei redditi, fissa un tetto per i regali dei
privati ai politici e, insieme, indica l’inganno con cui lo si può aggirare. E’
una legge che legittima e incentiva le tangenti: per gente come Riva sarà una
festa. Pagheranno a destra e a sinistra, si metteranno con le spalle al coperto
e, oltretutto, potranno anche farsi rimborsare dallo Stato, sotto forma di
sgravio fiscale, la tangente legalizzata”.
Quella legge – conclude Di Pietro
– deve essere abolita prima che finisca di distruggere l’Italia”. 
————————————————-

Anche Balduzzi
entra nel Gran Circo con un numero di equilibrismo linguistico da vero
giocoliere! 

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Ilva: Balduzzi, situazione da seguire con attenzione

(ASCA)
”La situazione e’ da seguire con molta attenzione perche’ i dati di cui
disponiamo dicono che bisogna fare attenzione e quelli che a breve avremo
delineeranno una strategia compiuta”. Lo ha detto in diretta a Tgcom24 il
ministro della Salute Renato Balduzzi sul caso dell’Ilva di Taranto. Sulla
possibilita’ di chiudere lo stabilimento, ”Sia Clini che Passera – ha precisato
il ministro – hanno detto alcune cose da valutare con attenzione. Non sono
decisioni che possono essere prese senza ponderazione. Si agira’ nell’interesse
di tutti e di tutte le prospettive coinvolte. Non si puo’ fare una gerarchia tra
le problematiche in campo”. Sulla strategia che si adottera’ a breve, il
ministro ha aggiunto:”In presenza di queste situazione la gerarchizzazione dei
beni e’ problematica, il problema e’ intrecciare le polarita’, non e’ facile ma
e’ la scommessa da vincere. Non ci sono scorciatoie. A ottobre ci saranno le
condizioni per poter lavorare con la Regione a una strategia per Taranto”.

Violenze
e intimidazioni

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Ilva, Taranto spaccata in due. «amici» e
«nemici» del gip 

Due fronti sempre
più contrapposti. Dentro e fuori la fabbrica. Nel sindacato. Nella città. Nello
stesso management dell’Ilva.
Sì, nel giorno in cui il governo Monti rompe gli
indugi e si schiera apertamente contro gli ultimi provvedimenti della dottoressa
Patrizia Todisco (il giudice per le indagini preliminari del Tribunale che ha
sequestrato l’area a caldo del siderurgico jonico), a far notizia sono due
immagini diametralmente opposte. Due immagini che fotografano nitidamente quel
che sta accadendo a Taranto alla vigilia di un Ferragosto che si annuncia a dir
poco infuocato: da un lato quella degli operai e delegati di Fim e Uilm che in
mattinata, dalle 10 alle 12, sono usciti dalla fabbrica per bloccare il traffico
sulla statale 100 e per ribadire il loro dissenso nei confronti della
magistratura e della dottoressa Todisco; dall’altra quella del migliaio di
persone (operai e pensionati dell’Ilva, ambientalisti, aderenti al movimento 5
Stelle, Cobas, frange di Sel, di Rifondazione comunista e semplici cittadini)
che alle 4 e mezzo del pomeriggio si sono radunati in piazza della Vittoria per
urlare a squarciagola che «Patrizia Todisco non è sola» e che «per l’Ilva e per
Taranto è arrivato il momento della verità».

Sì, nel giorno in cui da
Roma arriva la conferma che venerdì saranno qui a Taranto i ministri Corrado
Passera (Sviluppo economico) e Corrado Clini (Ambiente), queste due immagini
raccontano tantissimo. Innanzitutto ci confermano che il fronte sindacale si è
letteralmente frantumato e che la Fiom, cui ieri l’azienda ha negato di riunire
i lavoratori in assemblea, non ha più alcuna intenzione di seguire Fim e Uilm
«in iniziative che sono dichiaratamente contro la magistratura».

Surreale, a questo proposito, la situazione che si è determinata a
mezzogiorno davanti ai cancelli della Direzione Ilva, dove il presidente Bruno
Ferrante aveva convocato i vertici sindacali di Fim, Fiom e Uilm per un incontro
preliminare a quelli che si sono poi svolti nel primo pomeriggio a Bari.

Ebbene, nonostante la convocazione, i cancelli sono rimasti sbarrati ai
rappresentanti sindacali sino alle 12.30. Motivo? Perché nel piazzale interno,
situato di fronte ai cancelli, qualcuno (incaricato chissà da chi?) aveva
pensato di sistemare delle pale meccaniche. A che scopo? In segno di protesta
nei confronti dei custodi giudiziari nominati dalla dottoressa Todisco, i quali
sin dal primo mattino si erano recati in fabbrica per prendere visione di tutta
la documentazione archiviata proprio negli uffici di Direzione.

Un’iniziativa, quest’ultima, che spiega anche i contrasti, ormai
evidenti, all’interno dello stesso management, dove più di un dirigente non
condivide la «linea morbida» dell’ex prefetto di Milano Ferrante.

Durissime, in questo senso, le dichiarazioni che in tarda mattinata ha
rilasciato alla Gazzetta il segretario provinciale e regionale della Fiom-Cgil,
Donato Stefanelli. «Queste persone – ha detto riferendosi a chi ha sistemato le
pale meccaniche sul piazzale – devono essere trattate come tutti quegli operai
che in questi anni di fronte a una minima infrazione sono stati colpiti da duri
provvedimenti disciplinari. La legge sia uguale per tutti. Se in azienda ci sono
soggetti che fanno riferimento al vecchio regime, è bene che comprendano che
l’impunità è finita, che il rispetto delle regole c’è anche per loro».
Ma
altrettanto dure, anzi persino più dure, sono le parole che Stefanelli ha
pronunciato all’indirizzo dei vertici di Fim e Uilm, sindacati, soprattutto la
Uilm, che negli ultimi anni sono diventati largamente maggioritari in Ilva: «Non
spetta a noi commentare gli atti della magistratura. Non spetta a noi dire se
sono coerenti o quant’altro. Non spetta a noi occuparcene. Lo facciano gli
organi competenti: il Csm, il governo, chi lo deve fare. Perché noi
rifuggiano dall’utilizzare i lavoratori come testa d’ariete contro la
magistratura.
Ed è il motivo per il quale ci siamo dissociati da questa
iniziativa irresponsabile che stamattina (ieri mattina per chi legge, ndr) Fim e
Uilm hanno organizzato. Perchè non ci dimentichiamo che queste cose le ha fatte
l’Ilva di ieri. Non ci dimentichiamo del famoso 30 di marzo, quando l’Ilva
schierò per le strade di Taranto i lavoratori contro la magistratura nel giorno
dell’incidente probatorio. Oggi (ieri) loro hanno fatto la stessa cosa. È un
atteggiamento irresponsabile e servile».
Per la Fiom, al contrario, è
innanzitutto l’Ilva che deve dire che cosa intende fare. «Noi – ha detto ancora
Stefanelli – abbiamo chiesto a Ferrante di presentarci un “Piano di interventi e
di risanamento”. E su questo vogliamo che sia aperto un tavolo negoziale. Perché
i lavoratori ed il sindacato non possono diventare soggetti passivi. Perché se
Ferrante interloquisce con la magistratura o con il governo, noi non possiamo
diventare spettatori. Abbiamo il diritto di essere protagonisti, perché gli
interventi che l’Ilva dovrà eseguire non sono fini a se stessi, ma riguardano le
condizioni di lavoro degli operai dell’Ilva».
Parole, quelle di Stefanelli,
che segnano un solco nei rapporti con Fim e Uilm, i cui vertici, però, non si
smuovono di un millimetro. E infatti, per oggi alle 10, i rispettivi segretari
provinciali, Mimmo Panarelli e Antonio Talò, hanno deciso di organizzare un
altro sciopero di due ore con conseguente blocco stradale.

Quella di
oggi, con tutta probabilità, sarà la prova generale di quel che accadrà venerdì,
quando, in occasione dell’arrivo a Taranto dei ministri Passera e Clini, a
manifestare saranno anche i cittadini che ieri si sono riuniti in piazza della
Vittoria.
La loro è un’iniziativa per tanti versi spontanea, ma che con il
trascorrere delle ore sta assumendo i caratteri di una vera e propria nuova
formazione politica, con tanto di portavoce: il 42enne operaio Ilva Cataldo
Ranieri. Per venerdì hanno giurato che si faranno sentire e che «assedieranno i
ministri ovunque essi si riuniscano».
Il loro programma è chiarissimo.
Innanzitutto sostengono l’azione della magistratura e poi hanno una spasmodica e
giustificata voglia di «verità» in una città che per troppi anni ha seppellito
nel silenzio generale decine di morti ammazzati dall’inquinamento. Ed è anche
per questo che ieri hanno invocato l’arrivo a Taranto del ministro della Salute,
Renato Balduzzi. Ma è anche per questo che in tanti qui a Taranto temono che
quello di venerdì 17 agosto sarà un giorno «caldissimo».

Era ora!

Ascolta con webReader

Certo che sarebbe una grande soddisfazione se La Repubblica riconoscesse
che la questione dell’idoneita’ dei membri della commissione IPPC per l’AIA Ilva
venne sollevata da questo blog… 

Sul
presidente Dario Ticali clicca qui 

Ilva, autorizzazioni pilotate e corruzioneadesso la Finanza indaga
sull’azienda

L’inchiesta della Guardia di Finanza gira intorno all’Aia, l’autorizzazione
che nel 2011 fu rilasciata dal governo Berlusconi. In alcune foto il passaggio
di 10 mila euro al perito del tribunale. Il figlio del patron accusato di
corruzione  di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI

L’AIA

Il
centro dell’inchiesta della Guardia di finanza gira attorno all’Aia,
l’autorizzazione integrata ambientale che il 4 agosto del 2011 il governo
Berlusconi rilasciò dopo quasi otto anni di discussione. Bene, il sospetto delle
Fiamme gialle è che in quel documento (che ora il ministro Clini vuole rivedere
al più presto) i limiti di inquinamento siano stati disegnati appositamente
sulle emissioni dell’Ilva. E’ un fatto, viene ricostruito in un’informativa, che
l’allora capo delle relazione esterne dell’azienda, Girolamo Archinà (rimosso
ora dal prefetto Bruno Ferrante) fosse in rapporti con i membri di quella
commissione. “L’effettiva e la buona riuscita dei contatti – annota la Finanza –
si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli
fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da
porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono 

impartite. Nello specifico emerge come
anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per
ammorbidire alcuni componenti della Commissione IPCC AIA; con i predetti le
relazioni vengono mantenute da tale Vittoria Romeo e in parte anche
dall’avvocato Perli””, entrambi consulenti dell’azienda. Ed è un fatto che
l’avvocato milanese Franco Perli parlando con Fabio Riva dice: “La Commissione
ha già accettato il 90% delle loro osservazioni e che non vi saranno sorprese,
anche se la visita va un po’ pilotata”.
Vittoria Romeo parla al telefono
con Fabio Riva e spiega le loro modalità di movimento.

R.: “Allora
dicevo ad Archinà, se Palmisano che è quello della Regione, tira fuori
l’argomento in Commissione, siccome l’Arpa deve ancora dare il parere sul
barrieramento e a noi serve un parere positivo per continuare a dimostrare che
non dobbiamo fare i parchi…”. 

Riva: “E’ chiarissimo. Però siccome
noi non possiamo assolutamente coprire i parchi perché non è fattibile… tanto
vale rischiarla così”.

R.: “Valutiamo se la cosa in questi giorni la
teniamo al livello di Ticali, Pelaggi, Mazzoni (ndr, presidente e membri della
commissione) oppure…”. 

Riva: “No, picchiamo…. picchiamo
duro….”.

Fabio Ticali era il presidente di quella commissione Aia. La
sua nomina destò un certo scalpore: proprio Repubblica raccontò che
furono fatti fuori esperti e messi nella commissione Aia signori nessuno, quasi
tutti siciliani, come l’allora ministro Stefania Prestigicomo. E che fu scelto
il trentenne Ticali a capo della commissione che aveva come pubblicazione più
importante una sul ravaneto stradale.

LA
CORRUZIONE

L’attenzione della Finanza si è concentrata prima
sull’incontro tra Archinà e il perito del pm, il professor Lorenzo Liberti.
Secondo l’accusa ci fu un passaggio di diecimila euro (documentato da alcune
fotografie) per ammorbidire una perizia. Secondo gli investigatori anche Fabi o
Riva sapeva, tanto da essere ritenuto responsabile di concorso morale nella
corruzione.

Riva: “Ieri come è andata?”.

A.: “E’ andata
secondo le aspettative…”. 

Archinà, appunta la Finanza, “dice al Fabio
Riva che consegnando in anteprima le analisi, potrà iniziare a lavorare (sul
Liberti) affinché non nasconda che il profilo è identico, bensì che attesti che
comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi
notevolmente inferiori a quelli accertati all’esterno”.
I Riva quindi
vogliono addomesticare le perizie. E forse lo fanno con il denaro. Capita anche
che conoscano i risultati in anticipo. Al telefono parla ancora una volta Fabio
Riva. 

Riva: “La perizia tecnica sembrava andasse tutto bene…
non lo so che caz… è successo… Però è succulenta la cosa di beccare un Riva
giovane.. eh papà…”. 

FUMO NEI COMUNICATI

Agli atti c’è anche
un incontro tra Nichi Vendola, Fabio Riva, Girolamo Archinà e il direttore
dell’Ilva Capogrosso. Proprio Fabio Riva ne parla con il figlio Emilio (omonimo
del nonno) che suggerisce: “Facciamo un comunicato stampa fuorviante, tanto per
vendere fumo dicendo che va tutto bene e che Ilva collabora con la Regione”.
Proprio i giornalisti sono un problema per l’azienda. Tanto che ci sarebbero
rapporti “pericolosi” (la Procura sta inviando gli atti all’ordine). Archinà è
molto seccato delle notizie sui giornali. “Mi sto stufando perché fino a quando
io sò stato accusato di mantenere tutto sotto coperta, però nulla è mai
successo… nel momento in cui abbiamo sposato la linea, la trasparenza, non ci
raccogliamo più…. La situazione è complicata e se non si ha l’umiltà di dire
ritorniamo tutti a nascondere tutto”.  (La
Repubblica)

mercoledì 15 agosto 2012

Rush
finale! E dopo anche il comitato va in vacanza..

Ascolta con webReader

L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza
Castello a Taranto: tutti in corteo il 17 agosto!!!

Stop ai
veleni Ilva!

Comunicato stampa di “Donne per
Taranto”

La posizione ufficiale del Comitato Donne per Taranto è stata
sempre quella della Chiusura dell’Area a caldo e dei siti inquinanti che
persistono sul nostro Territorio. Posizione da sempre a Tutela del Bene Supremo
e improcrastinabile che è la Salute al quale tutti gli altri Beni e Diritti ne
sono subordinati.
In questi anni il nostro impegno è stato sempre orientato a
denunciare uno stato di “emergenza sanitaria”, chiedendo che la Politica locale
e Nazionale intraprendesse azioni, non annacquate e approssimative, come  è
stato, ma reali, coraggiose e serie. Ne abbiamo ricevuto continuamente solo
silenzi assordanti portando, negli anni,  questo territorio ad un punto senza
ritorno, senza futuro e senza alternative in una situazione di emergenza
sanitaria e ambientale senza paragoni che certamente si sarebbe potuta
evitare.
Laddove la Politica è stata assente (o spesso dalla parte del
Profitto e dell’Industria) è intervenuta la Magistratura e ora paradossalmente
si assiste ad un improvviso e quanto mai “strano”  risveglio della Politica che
unica cosa che sta tentando di fare è frenare le azioni della Magistratura che
finalmente ha messo nero su bianco ciò che da anni, sbattendo contro muri di
gomma, stavamo denunciando: a Taranto si sta perpetuando uno dei crimini più
gravi dell’Umanità.

Una Politica sorda che si è persino inventata leggi
“ad-Personam” (pro-Ilva) non può adesso all’improvviso tornare sulla scena, una
scena dove continuano a calpestare il nostro Diritto elementare alla VITA.
Se
la Politica  ora può fare qualcosa è lasciare che la Magistratura compi il suo
percorso senza “minacce velate” che stanno mettendo in atto in un modo sottile e
pericoloso.
Se la Politica  ora può fare qualcosa è studiare strategie per
risanare questo territorio martorizzato da chi lo ha spremuto fino all’osso e
cercare fondi per fare in modo che la sua gente torni a vivere e lo faccia senza
Ilva e senza dover pagare un Prezzo così alto, come quello pagato fino ad
oggi.
Non capiamo e non condividiamo il risveglio di questa Politica che
unica cosa che continua  a fare è inseguire un sogno di una ECO-COMPATIBILITA’
impossibile da raggiungere.  Una ECO-COMPATIBILITA’ che le stesse perizie hanno
dimostrato essere impossibile. Cosa si sta inseguendo allora? Forse solo il
tentativo di “convincerci” che siamo destinati ad ammalarci e a morire perché se
l’Ilva dovesse chiudere questo territorio morirebbe e con esso l’industria
italiana? Noi diciamo NO a tale “terrorismo psicologico” e diciamo NO a chi
vuole fare di Taranto la culla del Profitto a beneficio di altre Industrie del
territorio Nazionale ma a scapito della nostra stessa Vita.
Noi continueremo
sempre a sostenere la Magistratura rigettando ogni tentativo di interferenza e
continueremo a vigiliare e a lottare perchè a Taranto si ottenga GIUSTIZIA . Il
nostro Grazie al GIP Patrizia Todisco e ai Magistrati di Taranto lo esprimeremo
ancora una volta partecipando alla Grande Manifestazione organizzata venerdì 17
dal Comitato “cittadini liberi e pensanti” e invitiamo tutta la Popolazione a
essere presente. L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza Castello. Taranto
merita di Vivere senza ricatti: Taranto merita di VIVERE!

IMPRESA E AMBIENTE

Diretta / Ilva, finisce il
vertice con i ministri
Ferrante: “Dall’Ilva altri 56 milioni per bonifica” manifestanti in attesa di Clini e
Passera

Zona rossa  attorno alla prefettura e cortei
vietati: queste le misure di sicurezza adottate in occasione del vertice con i
ministri Clini e Passera, protesano gli ambientalisti.  Malumori per la
decisione del questore di limitare cortei “sotto la prefettura e nelle relative
adiacenze”.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/08/17/news/diretta_ilva_tensione_a_taranto_cortei_vietati_nella_zona_rossa_mappa_in_arrivo_i_ministri_clini_e_passera-41067862/ 




Cronache
17/08/2012 –

Politici, funzionari, manager Inchiesta bis con
13 indagati

Corruzione, la mazzetta al perito
consegnata in autogrill

Guido Ruotolo inviato a Taranto
Tredici indagati, per concussione e
corruzione. Politici, funzionari pubblici, dirigenti Ilva, il rampollo del
patron Emilio, il «ragioniere» Fabio Riva. Gli uomini della Finanza l’hanno
chiamata «environment sold out», ambiente svenduto. E rende l’idea di una città
disperata, sotto ricatto permanente. Da un anno la procura di Franco Sebastio ha
l’esplosiva informativa dal nucleo operativo della Guardia di Finanza di
Taranto. Che solo in minima parte, con tantissimi omissis, è stata depositata al
Riesame, che ha confermato il sequestro degli impianti Ilva.



Sarà anche
vero che l’Italsider pubblica era un «assumificio» per clientele e notabilati
politici. Ma anche il privato, Emilio Riva, che ha preso l’acciaieria nel ’95,
ha messo sotto tutela la città. L’ha comprata, corrotta, intimidita, blandita,
come dimostra questa inchiesta con le sue chiarissime intercettazioni
telefoniche e ambientali.

L’uomo nero di questa storia è Girolamo
Archinà, il potente pr, pubbliche relazioni Ilva, detronizzato dal presidente
dell’Ilva Ferrante appena avuta lettura degli stralci di intercettazioni
depositate al Riesame. C’è una storia, che può apparire banale, ordinaria per la
sua dinamica. Un autogrill, le telecamere della sicurezza che riprendono i due
uomini passeggiare, con uno che consegna all’altro una busta bianca. Storia
ordinaria di corruzione. Solo che uno dei due è un professor universitario, un
perito nominato dal pm Mariano Buccoliero, Lorenzo Liberti, e l’altro è il
grande corruttore (che agisce su mandato della proprietà) Girolamo Archinà. Sono
loro, anche perché riconosciuti da una dipendente dell’autogrill in questione.
Liberti era uno dei periti che doveva accertare la provenienza delle diossine
che avevano avvelenato capre e pecore.
Il giorno prima di questa
sequenza, Archinà chiamò il cassiere dell’Ilva, Francesco Cinieri, chiedendogli
di preparare 10.000 euro («dieci per domani, se sono da cinquecento è meglio»).
Ma i tagli utilizzati furono da 50 e 100 euro. «E’ tutto pronto… tra un’oretta
c’è G. (l’autista, ndr) da te». «Ma devo portare la valigetta per ritirare la
somma?». Cinieri: «La busta entra in tasca…».
Grande Archinà, che non
delega il lavoro sporco a qualche suo sottoposto. E’ lui che consegna le buste.
Che ha rapporti con sindacalisti diventati politici, politici diventati uomini
delle istituzioni, pubblici funzionari e persino prelati. Sempre nella logica di
fare opere di bene. In cambio, però, di non far disturbare il manovratore. Ci
voleva pure l’Aia, autorizzazione integrata ambientale, con tutte le
prescrizioni e un inter burocratico di sette anni.
«Per quanto riguarda
la commissione Ipcc (la commissione delegata a fare l’istruttoria per l’Aia,
ndr), si rileva che il Girolamo Archinà si è appositamente accordato con il
dottor Palmisano, che è un funzionario della Regione Puglia incaricato di
rappresentare l’ente nelle riunioni della conferenza dei servizi che si tengono
presso il ministero dell’Ambiente, finalizzate a istruire la pratica per il
rilascio dell’Aia. Dalle telefonate si rileva che l’intervento dell’Archinà
verso il predetto Palmisano sia stato finalizzato a sensibilizzare quest’ultimo
nel dare una mano all’Ilva. Emerge anche il tentativo di pilotare i lavori della
commissione Ipcc a favore dell’Ilva, evidenza, questa, che ancora una volta
dimostra la capacità di infiltrazione degli uomini dell’Ilva a tutti i
livelli».
Era l’inviato a L’Avana, Palmisano. Ufficialmente partecipava
alle riunioni per conto della Regione, in realtà, sospettano gli uomini della
Finanza, curava gli interessi dell’Ilva. Un doppiogiochista, insomma. «Il fatto
che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo
modo in parte avvicinata, si rileva anche dalla seguente conversazione nella
quale l’avvocato Perli di Milano (legale esterno dell’Ilva) aggiorna il
ragionier Fabio Riva sui rapporti avuti con l’avvocato Luigi Pelaggi, che è capo
dipartimento presso il ministero dell’Ambiente. Perli gli comunica che Pelaggi
gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro
osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che
non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va
un po’ pilotata».


Che presenza soffocante, l’Ilva a Taranto. Adesso il nuovo numero uno, Bruno
Ferrante, promette di voltare pagina. Ma il passato rischia di tornare
attualissimo. Sotto forma di un provvedimento dell’autorità
giudiziaria.

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/465735/ 

17/08/2012 13:55

ILVA, NUOVI INDAGATI NELL’INCHIESTA BIS

Manager, politici e funzionari pubblici tra le sedici persone finite
nell’inchiesta della Guardia di Finanza da cui emerge il sistema adottato dai
vertici dell’azienda per evitare i controlli

Servizio di Rossana Russo

ANZA’, DIOSSINA, FABIO RIVA, FERRANTE, ILVAGIROLAMO ARCHINA’, ISOLA DELLE FEMMINE, ITALCEMENTI, LORENZO LIBERTI, LUIGI PELAGGIA.I.A., PETRUZZELLA, TARANTO, TODISCO, TODISCO PATRIZIA, A.I.A. ITALCEMENTI 693 LUGLIO 2008,

IL DELIRIO DI VENDOLA:
«Vietato chiudere
l’Ilva»

di Gianni Lannes
Per dirla con Oscar Wilde: “Mentire con garbo è
un’arte, dire la verità è agire secondo natura”. Allora, veniamo al delirio di
Vendola, un classico già sperimentato due anni fa con le regalie del governatore
in soldoni pubblici al mafioso don Luigi Verzé. Dichiara l’illuminato Nichi: «Il
percorso è indicato proprio nell’ordinanza del gip. Si può garantire fin da
subito la salute dei cittadini senza dover chiudere gli impianti: l’Ilva è una
città e se chiudesse ci troveremmo di fronte al più impressionante cimitero
industriale del mondo». Lo ribadisce il presidente della Puglia Nichi Vendola
sottolineando che «adesso spetta all’Ilva rimuovere dalla scena del siderurgico
tutto ciò che nuoce. L’ordinanza del gip – precisa – descrive puntualmente quali
sono gli elementi che pregiudicano la salute dei cittadini e credo che l’Ilva
abbia le competenze per attuare un programma di interventi a brevissima, media e
lunga scadenza. Deve rimuovere subito quegli elementi che compromettono
l’insieme del diritto alla salute, dalle partite di acquisto di cospicue
quantità di filmante che serve a ridurre al minimo lo spolverio, come la
riduzione della produzione nei giorni di vento forte, l’installazione di
centraline di un monitoraggio più in profondità dell’impianto, che noi abbiamo
chiesto». Per Vendola è «Offensivo l’attacco del giudice Amendola, perché noi,
come Regione, abbiamo fatto la differenza in questi anni. I primi controlli
all’Ilva li ho fatti io nel 2008. Oggi abbiamo una legge antidiossine e
antibenzopirene». Vendola insiste sulla necessità di una mediazione e si chiede
se davvero «possa chiudere il più grande polo dell’acciaio. E’ progressista –
aggiunge – che l’Italia dismetta alcune sue antiche e robuste tradizioni
produttive? E’ legittimo pensarlo, ma io non sono d’accordo». 
Vendola, anche lei è sul libro paga del clan Riva?

Ilva fuorilegge – Nichi Vendola non parla, narra frottole
incommensurabili. E basta poco per smascherarlo, se ancora ce ne fosse bisogno.
 E allora diamo un’occhiata alle cifre ufficiali. L’Ilva è il
quarto gruppo siderurgico d’Europa e fattura 8 miliardi di euro. La società Utia
sa (Riva Fire) ha sede in Lussemburgo: un paradiso fiscale non a caso.
 Prendiamo il “Rapporto Ambiente e Sicurezza 2011” dell’Ilva
S.p.A:
i numeri smentiscono Vendola. Il dato emerso dall’ultima campagna per
la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312
effettuata da Arpa Puglia, che ha registrato un risultato pari a 0,2 ng ITE/
Nmc. Risultato inferiore al valore limite imposto dalla legge regionale – numero
44 del 19 dicembre 2008 – di 0,4 ng ITE/Nmc.  Questa normativa
regionale  pur essendo stata ammorbidita dalla giunta Vendola nel
marzo del 2009, parla chiaro: dopo aver effettuato tre campagne di misura
annuali, il valore di emissione su base annuale sarà ottenuto mediante la media
aritmetica dei valori di emissione delle campagne di misure effettuate. Media
aritmetica che non dovrà essere superiore al valore limite imposto dalla legge
regionale stante in 0,4 ng ITE/Nmc. Ora: se la matematica non è un’opinione,
sommando le tre campagne di rilevazione effettuate da Arpa Puglia (febbraio 0,68
+ maggio 0,70 + novembre 0,20) il risultato che ne vien fuori è 1,58 che diviso
tre porta la media annuale a 0,52 ng ITE/Nmc: un risultato sicuramente
importante, ma che è semplicemente oltre il limite imposto dalla legge
regionale, che essendo entrata in vigore il 1 gennaio 2011, non può essere
considerata dai dirigenti un obiettivo da raggiungere, bensì un limite da
rispettare: punto. Dunque: l’Ilva è semplicemente fuorilegge. 
Inoltre: ciascuna di queste campagne di rilevamento solo di diossine e
furani, ma non di mercurio o addirittura di radioattività  (che
avvengono “senza preavviso”, ma con i tecnici Arpa che impiegano ben 90 minuti
per arrivare dai cancelli d’ingresso al camino E-312 e montare la relativa
attrezzatura) si articolano su tre misure effettuate in tre giorni consecutivi
di 8 ore ciascuna. Ora: sempre se la matematica non è un’opinione , parliamo di
24 ore a campagna, per un totale di 72 ore di rilevamento dati. L’Ilva però, è
un impianto sempre in ciclo, che opera 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Un
anno è composto da ben 8.760 ore, quindi siamo su una percentuale di 0,82 ore
coperte nell’arco di un intero anno. Quanto è efficace una legge che è stata
modificata proprio per occultare la verità? La legge in questione prevede che
“il valore di emissione derivato da ciascuna campagna sarà ottenuto operando la
media aritmetica dei valori misurati, previa sottrazione dell’incertezza pari al
35%”, come del resto prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea
sulle rilevazioni delle emissioni tossiche, a cui la legge regionale fa
riferimento. Sapere quanta diossina viene emessa dal camino E-312 ogni singolo
secondo, sarebbe tutt’altra storia e darebbe senz’altro risultati scientifici
inconfutabili e certi. E qui siamo costretti a riaprire la famigerata diatriba
relativa al “campionamento in continuo” delle emissioni di diossina e furani dal
camino E-312, che ha vissuto una storia sin qui alquanto tribolata. Questione
che all’Ilva non riguarda, e a ragion veduta, visto che nel Rapporto gli vengono
dedicate pochissime righe a pagina 55, in cui l’azienda sostiene essere ancora
in corso d’opera la prima fase dello studio di fattibilità sulla sperimentazione
di tale operazione, che è partita ufficialmente lo scorso 21 marzo. Poi, nello
scorso luglio, ad Arpa Puglia arrivò una comunicazione da parte del Ministero
dell’Ambiente, secondo cui si era messo in moto In origine, l’articolo 3 della
legge regionale prevedeva l’obbligo di tale campionamento: poi, nel marzo del
2009, tale articolo fu “aggiustato” diventando un campionamento da svolgere
minimo tre volte in un anno. Ma nella “revisione” del 2009, non avvenne la
totale prescrizione dell’articolo 3, ma soltanto una semplice aggiunta di un
“comma 1 bis”, lasciando così in vigore l’articolo 3 in cui è previsto
“l’obbligo per le aziende di presentare un piano per il campionamento in
continuo”, che come detto è ancora lungi dall’essere concretizzato.
 

Ed
è fondamentale rammentare come il sindaco Stefàno abbia sempre osteggiato
la possibilità di tale campionamento. D’altronde, ancora persuaso nel 2012 di
come non sia possibile “dire con certezza chi sono i colpevoli dell’inquinamento
a Taranto”, allo stesso Sindaco non fece difetto asserire in più di una
circostanza come “il campionamento in continuo non è possibile. Questo non lo
dico io ma studi scientifici che dimostrano quanto controproducente possa
risultare qualora utilizzato”. Lo stesso direttore di Arpa Puglia, Giorgio
Assennato
, in occasione della presentazione dei primi dati del registro
tumori di Taranto nel luglio 2011, dichiarò che chi parlava di campionamento in
continuo “non ha capito una mazza dell’argomento”. Sempre su questo tema, quando
il 5 luglio venne rilasciata l’AIA all’Ilva, l’assessore all’ambiente Nicastro
asserì che era stata anche stabilita, tra le prescrizioni del documento, una
data certa per la partenza di tale campionamento, che però a tutt’oggi non è mai
stato in grado di fornire. Che il campionamento in continuo sia controproducente
è una certezza: per chi e perché, è sin troppo facile dedurlo. 
Insieme alle diverse verità nascoste, nel Rapporto Ambiente e Sicurezza
2011 dell’Ilva S.p.A. molte altre sono state consapevolmente dimenticate. O
colpevolmente taciute.


Danni incommensurabili – A parte i malati e i morti in termini economici,
sarebbe utile quantificare i danni provocati dall’inquinamento dell’Ilva. Per
esempio, sarebbe interessante capire perché a pagare i danni sia sempre e
soltanto la popolazione e non  le marionette di Governo nazionale e
locale. Perché l’abbattimento degli ovini, l’economia che esse producevano e il
(misero) rimborso alle aziende non viene pagato dagli inquinatori ma dalle
Istituzioni, come la Regione e quindi con i soldi dei contribuenti. Chi pagherà
quei mitilicoltori che da luglio 2011 sono fermi nella produzione perché il Mar
Piccolo è inquinato? Naturalmente, la popolazione: circa 1 milione di euro, a
spese dei contribuenti. E chi ripaga l’agricoltura? Pensate soltanto
all’agrumicoltura. E l’elenco potrebbe allungarsi notevolmente, sino alle
malattie derivanti dall’inquinamento che negli anni è costato in termini di vite
umane e di risorse economiche sanitarie. E allora: quanto  costa
veramente l’Ilva? E quanto ripaga la Puglia? Ecco perché sarebbe interessante
chiedere ai dirigenti Ilva o ai loro divini narratori perché nel corposo volume
aziendale manchi una parte relativa a tutto quello che testimonia, a livello
scientifico, il volume complessivo dei danni che questo inferno ha causato al
territorio tarantino.

Omissioni e rimozioni – Nel palazzo di governo è  stato
dimenticato il rapporto dei Carabinieri del NOE nel quale venivano
riportate tutte le irregolarità riscontrate nel corso di 40 giorni di indagini
ed appostamenti effettuati dal nucleo speciale dell’Arma. Un rapporto presentato
presso la Procura di Taranto  nell’udienza dell’incidente
probatorio portato avanti dal pm Patrizia Todisco, attraverso il quale i
Carabinieri consigliavano il sequestro gli impianti del siderurgico al fine di
poter avviare un’indagine approfondita sullo stesso. Rapporto che il 4 luglio
scorso arrivò via fax anche al Ministero dell’Ambiente, ma la conferenza dei
servizi sull’AIA dell’Ilva svoltasi il giorno dopo, pur prendendone visione, non
lo ritenne di una rilevanza tale da comportare modifiche alle prescrizioni
licenziate dalla Commissione Istruttoria IPPC.

In quel rapporto però, veniva ad esempio posto
l’accento sul fenomeno dello “slopping”, la dispersione dai tetti delle
acciaierie delle famose nuvole di fumo rosso dovuto alla presenza di ossidi di
ferro, chiaro indice della scarsa efficacia delle prescrizioni per contrastarle
previste nell’AIA dell’Ilva. Nel rapporto del NOE si denunciava anche un uso
distorto delle torce di tipo continuativo, come pratica di smaltimento e non
legato ad eventi eccezionali (come ad esempio le emergenze e/o problemi di
sicurezza). L’ultima denuncia del rapporto del NOE riguardava la preoccupante
situazione in cui versa l’area Gestione Rottami Ferrosi. Il rapporto del NOE
evidenziava l’insufficienza sia della portata delle prescrizioni imposte
nell’AIA, sia dei controlli su quanto dichiarato dall’Ilva nel suo piano di
risanamento. In particolare si rilevava “l’assenza di sistema di captazione e
depolverazione nell’area taglio rottami ferrosi, il sottodimensionamento e
l’avaria di quello installato nell’area adibita al taglio dei fondi delle
paiole”.



Così come non abbiamo trovato nelle pagine del
Rapporto, nulla che facesse riferimento al verbale della Conferenza dei Servizi
Decisoria “per acquisire le intese ed i concerti previsti dalla normativa
vigente in materia d’approvazione dei progetti di bonifica concernenti
l’intervento sul “Sito di Interesse Nazionale di Taranto” datata 15 marzo 2011 a
Roma, dopo la comparsa del quale l’iter dell’approvazione della legge regionale
sulla bonifica delle falde si è stranamente arenato.

In quel verbale veniva sottolineato come il Piano di
Caratterizzazione sito-specifico presentato dall’Ilva S.p.A. fosse incompleto
vista “la perdurante assenza della conseguente Analisi di Rischio che deve
concorrere alla definizione dei nuovi valori soglia al fine di stabilire
definitivamente il livello di effettivo inquinamento”. Inoltre, risultava
protocollata anche una nota diretta dell’Ilva S.p.A. (DIR/28 del 16/04/2010), in
cui la stessa azienda dava conto dei livelli di notevole inquinamento della
falda. Come veniva chiaramente sottolineato che il rilascio dell’A.I.A. “non
esime il titolare dell’impianto di avviare e concludere nei tempi previsti il
procedimento di bonifica e risanamento ambientale per il sito in questione”.
Infine, veniva chiesto agli organi di controllo (Polizia Provinciale, ARPA e
ASL) di effettuare idonei sopralluoghi a cadenza ravvicinata “al fine di rendere
edotti i soggetti sullo stato attuale del sito, con particolare riferimento agli
usi delle acque di falda contaminate e/o ai rischi professionali e sanitari
degli operatori/fruitori del sito”. Inutile dirvi che l’Ilva ha fatto ricorso al
Tar di Lecce.  

A memoria
umana – Non abbiamo dimenticato gli oltre 1.600 capi di bestiame
abbattuti dall’Asl di Taranto per la presenza negli stessi di livelli di
diossina superiori al limite di legge. Non abbiamo dimenticato le lacrime, la
disperazione, il dramma degli allevatori delle masserie della provincia ionica
(come le famiglie Fornaro e D’Alessandro). Non abbiamo dimenticato i
mitilicoltori tarantini, a cui viene impedito di lavorare a causa di un
inquinamento senza precedenti da Pcb che ha avvelenato il 1° seno del Mar
Piccolo (ma state pur certi che prima o poi verrà fuori il nome di chi ha
riempito per anni la cava del terreno dell’azienda San Marco Metalmeccanica di
materiale di risulta industriale, che combacia con la falda profonda che segue
un percorso che finisce proprio nel 1° seno). Non abbiamo dimenticato che anche
quest’anno è stato registrato il doppio sforamento nel quartiere Tamburi sia
delle polveri sottili (PM10) sia del benzo(a)pirene. Non abbiamo dimenticato il
rifiuto da parte dell’Ilva di installare delle centraline all’interno del
perimetro del terreno occupato dal siderurgico, previste dal piano della Regione
e di Arpa per il rilevamento del benzo(a)pirene (a cui Eni e Cementir hanno
detto sì). Non abbiamo dimenticato le tombe e le cappelle del cimitero “San
Brunone” ed i palazzi “rossastri” del rione Tamburi, investiti da decenni dalle
polveri dei parchi minerali che l’Ilva si ostina a non voler coprire, sostenendo
che basterà il semplice barrieramento e la conclusione delle colline ecologiche.
Non abbiamo dimenticato il continuo mancato pagamento dell’Ici ed il ricatto
imposto all’attuale amministrazione comunale per non pagare gli interessi sulla
cifra da versare (da 13 milioni di euro si è passati ad 8 milioni). Non abbiamo
dimenticato, e non abbiamo intenzione di farlo, l’inquinamento senza precedenti
prodotto consapevolmente e senza riguardo alcuno per la dignità umana dal 1961
ad oggi. Non abbiamo dimenticato i tanti ammalati di Taranto e provincia. E non
solo quelli colpiti dalle varie forma di tumore: ci riferiamo ad esempio alle
donne affette da endometriosi, patologia poco nota, ma molto diffusa in loco. Ci
riferiamo alle tante donne e ai tanti uomini colpiti da infertilità. Come non
abbiamo dimenticato le migliaia di morti, tra parenti, amici e conoscenti,
disseminati negli ultimi 50 anni e che ognuno di noi porta in fondo al cuore. E
i tanti giovani andati via da questa città e che mai più torneranno. 

Non abbiamo
dimenticato il vescovo  Benigno Papa. In una delle sue
ultime uscite ufficiali prima del passaggio di consegna al collega Filippo
Santoro. 

Nella rivista IL PONTE (edita da Riva) e distribuita fra i
dipendenti e gli enti del territorio,  si può ammirare
un’intervista di tre pagine nelle quali il prelato tesse le lodi della famiglia
Riva. Neanche un riferimento al disastro ecologico o al quartiere Tamburi. Non
una parola sulle numerose denunce dei cittadini. Insomma uno spot per chi
inquina. Se poi, in occasione della festività di S. Cataldo, il marchio Ilva è
tra i primi a comparire in qualità di sponsor della manifestazione, diventa
difficile dar torto a chi ricordava che la dignità non si compra e che, i soldi
donati alla chiesa Gesù Divin Lavoratore per il rifacimento della facciata, non
erano che un obolo interessato. Lo hanno capito tutti, tranne monsignor Papa che
addirittura, in una lettera, ringraziò l’ingegner Riva a nome della comunità
(“Ho già scritto all’ing. Riva – scrisse l’Arcivescovo ai fedeli del quartiere –
per esprimergli la mia e vostra riconoscenza”). Parole che fecero inorridire i
cittadini dei Tamburi e non solo, così come l’accusa di ‘inquinamento morale’
che giunse pochi mesi dopo ai cittadini che scendevano in piazza per chiedere un
ambiente migliore. Inquinamento morale che, evidentemente, non riguarda i tanti
silenzi sul disastro ambientale o il Cataldus d’argento per il volontariato
consegnato al responsabile rapporti istituzionali dell’Ilva (siderurgico che era
 fra i finanziatori dell’iniziativa). Non abbiamo dimenticato le
morti bianche degli operai, assassinati nel siderurgico per una logica di
profitto a tutti i costi.

E
non abbiamo nemmeno dimenticato i tanti politicanti, sindacalisti, prenditori,
intellettuali e  personaggi da palcoscenico, che hanno sempre
saputo, ma hanno preferito coprire, tacere, ignorare, insabbiare.
 Noi non dimentichiamo. E non dimenticheremo. Mai.
 





http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/il-delirio-di-vendola-vietato-chiudere.html 



 

ILVA Taranto / legalità e
libertà, poggiano sull’equilibrio e 

sulla separazione dei poteri: il governo tra
caso AIA e 

nomine dubbie affossa la democrazia

mercoledì 15 agosto 2012 di Erasmo Venosi

La vicenda dell’Ilva e la paventata ipotesi di emanazione di un
decreto che sospenda l’ordinanza del GIP di Taranto, da il senso e la misura
della precarietà raggiunta della nostra democrazia e della teorica e strumentale
sovranità del popolo che, tale non è se non si accompagna all’effettiva
sovranità della legge. È insufficiente una Costituzione fatta di belle parole
come insufficienti sono le promulgazioni di leggi se è messa in discussione, una
prassi giudiziaria garante dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Nella Democrazia reale la legge ha potere assoluto.
Negli Stati Uniti circa un decennio fa accadde un episodio, la cui
modalità di soluzione dimostra la differenza che intercorre tra astratte
garanzie scritte sulla Carta e la loro effettiva applicazione. La Microsoft di
Bill Gates, azienda essenziale per l’equilibrio dell’economia statunitense a
causa dell’enorme valore delle sue esportazioni fu denunciata e condannata per
violazione della legge antitrust. Il Principio di ogni vera democrazia che,
consente di proteggere legalità e quindi libertà, poggia sull’equilibrio e sulla
separazione dei poteri.
La vicenda Ilva e dello strumento che, avrebbe dovuto consentire
la riduzione integrata dell’inquinamento è emblematica e rappresentativa di come
sia tutelata la salute e l’ambiente in Italia. La fabbrica avrebbe dovuto
dotarsi di tecnologie a basso impatto da almeno un decennio e per effetto di
cogenti norme comunitarie e interne. Invece tra legge, decreti attuativi e
cavilli procedurali siamo arrivati alla situazione di oggi. Attenzione:
l’autorizzazione integrata ambientale quale strumento di gestione
dell’inquinamento determinato dal settore produttivo, riguarda circa 200
impianti di competenza statale e 8000 di competenza regionale sui quali grava un
colpevole silenzio. La vicenda della Commissione del Ministero dell’Ambiente per
la concessione delle AIA è emblematica per comprendere, la concezione che i
legislatori e il Governo hanno di questi importanti strumenti operativi.
La Commissione AIA nominata dal Governo Prodi, fu esautorata dal
Governo Berlusconi nel luglio del 2008. Il Ministro dell’Ambiente nominò una
nuova Commissione, in cui emergevano alcune caratteristiche “particolari” : il
presidente era un ingegnere laureatosi sei anni prima e che faceva il
ricercatore nella Università privata siciliana Kore di Enna: tra le sue
pubblicazioni più significative emergevano le “Potenzialità del ravaneto nella
tecnica delle costruzioni stradali” oltre a una pubblicazione sulla gestione dei
rifiuti urbani in Sicilia. Altro elemento che colpì, fu la presenza di tre
magistrati della terza sezione del Tar del Lazio sotto cui ricadono le
valutazioni sui ricorsi all’Aia. Relativamente all’Aia , mentre il Gruppo
Istruttore del Ministero dell’Ambiente nominato per Ilva ed esautorato nel 2008
era composto da tre ingegneri , un chimico e un medico . Il Gruppo della
Commissione nominata dal Ministro Prestigiacomo per l’Aia su Ilva aveva come
presidente l’Ing. Bonaventuura Lamacchia deputato per la lista Dini e poi Udeur
costretto alle dimissioni per condanne a 2 anni e 5 mesi. In seguito fu nominato
un nuovo gruppo Istruttore, composto da due ingegneri, un chimico e due
magistrati della terza sezione del Tar del Lazio, Stefano Castiglione e Umberto
Realfonzo come è possibile riscontrare nel decreto del Ministro dell’agosto
2011.
A me pare non proprio il massimo, affidare un’istruttoria tanto
complessa che comprende, una cokeria, un impianto di agglomerazione, un
altoforno, un’acciaieria, la produzione di laminati e di tubi e che occupa
un’area nella sola Città di Taranto, equivalente a un quadrato avente un lato
lungo 3 km a un gruppo tecnico che, su cinque commissari ne comprende due che
sono magistrati amministrativi ovvero totalmente ignari dell’oggetto della
istruttoria.
Oggi responsabili istituzionali, politici, sindacalisti e
giornalisti parlano e citano Ilva come la più grande azienda siderurgica
d’Europa di cui non se ne può fare a meno, ma nessuno di questi soggetti ha mai
aperto bocca sui patologici ritardi nella applicazione della normativa sull’Aia
, sulla distruzione della Commissione Aia insediata dal precedente Governo per
motivazioni clientelari (la maggioranza dei nuovi commissari erano siciliani
come il Ministro) e l’immissione di tre magistrati della terza sezione del Tar
del Lazio competente per la valutazione dei ricorsi all’Aia.
Nessuno si è mai interrogato sui potenziali rischi per una Città
che, ha dieci impianti a rischio di incidente rilevante. Criminale chi ha
concesso ripotenziamenti d’impianti, nuove centrali in una Città in emergenza
ambientale da venti anni. E ancora mi piacerebbe leggere dichiarazioni da parte
dei Bersani, di Casini, di Alfano e dell’incredibile tuttologo onnipresente ex
direttore generale del Ministero dell’Ambiente per sapere a che punto si
trovano, i circa 8200 procedimenti potenziali di Aia che rappresentano l’unico
strumento di tutela di quel bene primario e fondamentale che si chiama salute  

Quando questo Ministro “performante“ adempierà quanto disposto
dall’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 istituendo l’Osservatorio IPPC
sull’applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva sull’Aia e
posto al servizio delle autorità competenti? Dall’istituzione dell’Osservatorio
discende l’obbligo per l’Autorità Competente di comunicare annualmente al
Ministero dell’Ambiente i dati concernenti, le domande di Aia ricevute, le
autorizzazioni rilasciate e i successivi aggiornamenti oltre che un rapporto
sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione
integrata ambientale. Chissà egregio Ministro Clini se la vera ragione per la
mancata istituzione dell’Osservatorio non sia rappresentata da quanto prescrive
il quarto comma dell’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 ? “ Al funzionamento
dell’osservatorio si provvede mediante le risorse umane, strumentali e
finanziarie in dotazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio a legislazione vigente. Ai componenti dell’Osservatorio non spettano
compensi, ne’ rimborsi spese e gli stessi assicurano la partecipazione
nell’ambito delle attività istituzionali degli organismi di provenienza. In ogni
caso dall’attuazione del presente articolo non derivano oneri aggiuntivi a
carico dello Stato”.

I medici dell’Isde: “La nube della discarica è tossica”

L’Isde, Associazione Medici per l’Ambiente, ha inviato una lettera al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, all’assessore alla Vivibilità, Giuseppe Barbera, e all’Aziende partecipate, Cesare La Piana, per chiedere un incontro sull’emergenza nella discarica di Bellolampo. Il sito, come sottolinea il chimico Gioacchino Genchi, membro dell’Albo degli Esperti di ISDE Italia, “continua a fumare, come ha dichiarato ieri il capo dei vigili del fuoco, il quale ha confermato che l’incendio non è finito e ci vorrà ancora tempo per lo spegnimento”. Vi proponiamo, di seguito, il testo integrale della lettera.

ISDE Palermo, sezione provinciale di ISDE Italia-AIMPA-Associazione Medici per l’Ambiente, che ha già dato la sua disponibilità alla collaborazione gratuita con codesta Amministrazione, riguardo alla vicenda relativa all’incendio di Bellolampo chiede un incontro con il Sindaco On. Prof Leoluca Orlando e gli assessori Cesare La Piana e Giuseppe Barbera, mettendo a disposizione i propri esperti per valutare e affrontare al meglio il rischio sanitario legato all’immissione in ambiente e catene alimentari di sostanze tossiche (particolato ultrafine, metalli pesanti, molecole diossina-simili, IPA etc. ) a partire dalle seguenti considerazioni:

1 Come medici, biologi, chimici impegnati da anni nel campo dell’epidemiologia e della cancerogenesi ambientale pur apprezzando l’Ordinanza comunale emessa, temiamo vengano sottovalutatati i rischi di medio-lungo termine per la salute di centinaia di migliaia di cittadini, che per circa una settimana sono esposti a considerevoli quantità di sostanze tossiche e mutagene e deprechiamo la carenza di dati certi concernenti la tipologia e le quantità di inquinanti (riguardo ai dati ARPA rimarchiamo che non vengono fornite chiare informazioni sulla durata oraria dei campionamenti e neppure sulla direzione del vento in relazione ai siti campionati al momento degli stessi)

2 A fronte delle comprensibili rassicurazioni da parte delle autorità e delle istituzioni che devono tutelare la salute dei cittadini, è infatti impossibile negare che la nube che ha gravitato sulla città (inevitabilmente carica di particolato ultrafine, metalli pesanti, idrocarburi poliaromatici, diossine) ha tutti i motivi per essere “tossica”. Dal RAPPORTO PRELIMINARE DI ARPA SICILIA 3 AGOSTO 2012 si evince, del resto, la presenza di elevati valori, “tipici di un processo di combustione incontrollata”, di composti organici volatili-VOCs -solventi organici aromatici, derivati fenolici, solventi organici clorurati, Idrocarburi Policiclici Aromatici, derivanti prevalentemente dalla degradazione di materiali organici plastici e cellulosici e BTEX (Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xileni)- e di un modesto incremento dei valori di PM10 rispetto ai valori ordinariamente rilevati (non appare del tutto convincente l’asserzione secondo cui il modesto incremento di particolato fine PM10 sarebbe indizio di una ricaduta non elevata di diossine).

3 Più facilmente eseguibile (anche se non dirimente) sarebbe un rapido computo degli effetti sanitari immediati della nube tossica, (mediante un semplice conteggio dei decessi) per cause verosimilmente connesse all’inquinamento (confrontando i dati di mortalità per patologie cardiovascolari e respiratorie acute con quelli delle settimane precedenti e dello stesso periodo degli altri anni). Dobbiamo peraltro sottolineare che i reali effetti sulla salute di una simile, protratta immissione in ambiente e catene alimentari delle suddette sostanze tossiche persistenti saranno in gran parte dilazionati nel tempo e quindi di impossibile valutazione.

Il valore della extra-mortalità (morti attribuibili ad una certa causa) potrebbe comunque contribuire a convincere anche i nostri più restii concittadini e amministratori a impegnarsi finalmente nell’attuazione di una corretta filiera di trattamento dei materiali post-consumo basata (come prescritto da tutte le normative nazionali ed europee) su prevenzione e raccolta differenziata spinta, che rappresentano l’unica soluzione vera al problema dello smaltimento dei rifiuti. Vorremmo a questo proposito chiedere ai Sig. Commissari dell’AMIA a che punto sia la predisposizione delle filiere di riciclo del materiale raccolto, con particolare riferimento all’organico, visto che sarebbe stata attivata da tempo una sperimentazione sulla raccolta differenziata. Temendo che la risposta sia “non c’è niente di realmente operativo” vorremmo dare loro qualche suggerimento: l’attivazione rapida della raccolta e trattamento dell’organico, che rappresenta da solo il 50% di tutto il volume prodotto dai cittadini ed è attivabile immediatamente purché se ne abbia voglia e si impegni tutto il personale disponibile, rappresenta una priorità assoluta. A meno che dietro al colpevole, annoso “ritardo” nell’attuazione delle normative e nel raggiungimento degli obiettivi minimi prescritti non ci siano: da un lato la precisa volontà di perpetuare circuiti viziosi che permettano a vari soggetti di lucrare in vario modo e a vario livello su una cattiva gestione dei rifiuti; dall’altro la programmazione di impianti (inceneritori, pirogassificatori etc.) che renderebbero per sempre impossibile la realizzazione di una corretta filiera di riciclo e riuso di materiali preziosi (carta, imballaggi, plastiche etc.) con grande risparmio per i cittadini e per le istituzioni e salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica.

Con la presente chiediamo al Sindaco di Palermo On. Prof. Leoluca Orlando e agli assessori competenti un incontro urgente con i nostri esperti indicati in calce, con l’obiettivo di dare a codesta Amministrazione, nella quale riponiamo grande fiducia, un contributo concreto per la corretta valutazione dei rischi e per l’attuazione delle strategie precauzionali utili a ridurre l’esposizione dei soggetti maggiormente a rischio (donne in gravidanza, bambini, anziani).



Con osservanza


Ernesto Burgio, pediatra, Presidente ISDE Scientific Committee (International Society of Doctors for Environment); Coordinatore Comitato Scientifico ISDE Italia; Presidente ISDE Palermo


M.Gabriella Filippazzo, epidemiologa, membro dell’Albo degli Esperti di ISDE Italia e Vicepresidente ISDE Palermo


Gioacchino Genchi, chimico, membro dell’Albo degli Esperti di ISDE Italia

I medici dell’Isde: “La nube della discarica è tossica”

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