PREFABBRICATI NORD LICENZA EDILIZIA IN SANATORIA architetto ALUZZO ROCCO
R I L A S C I A
Isola delle Femmine 22 ottobre 2007 |
Guerra di mafia fra le cosche di Palermo
Arrestate 16 persone.
Azzerato il mandamento
di Partinico e Borsetto
In due anni e mezzo la guerra fra le cosche mafiose del palermitano ha provocato sei vittime e alcuni feriti, fra cui un boss. Una faida sanguinosa per il controllo del territorio in una vasta area a cavallo tra le province di Palermo e Trapani: da un lato le cosche guidate dal boss Lo Piccolo, che tentavano di espandersi verso il trapanese, dall’altro il clan del latitante Matteo Messina Denaro.
Gli investigatori in due anni di indagini sono riusciti a disegnare i nuovi equilibri mafiosi del palermitano. Il capo della procura di Palermo, Francesco Messineo, spiega:”Il territorio di Partinico è inquinato da un’alta densità di presenza mafiosa. Per questo l’operazione è molto importante”. La “guerra di mafia”, dalle indagini, sembrava essersi conclusa a favore della fazione capeggiata da Salvatore Corrao e Nicolà Salto, entrambi raggiunti da provvedimento cautelare. I carabinieri hanno registrato che il denaro necessario per il sostentamento dei detenuti ed il mantenimento dei familiari dei mafiosi, cominciava ad essere assicurato dalle attività illecite, che erano appannaggio esclusivo della gestione “vincente”.
Una circostanza confermata anche da un foglietto con la lista degli imprenditori che pagavano il “pizzo” sequestrato alcuni mesi fa dai carabinieri ad Antonio Salto, figlio minore del boss di Borgetto, fermato a un posto di blocco con 70 mila euro in contanti.
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronacaregionale/41437/guerra-mafia-cosche-palermo-arrestate-persone-azzerato-mandamento-partinico-borgetto.htm
L´ipermercato e la mafia: condanne a raffica
Otto anni e mezzo all´ex sindaco di Villabate, sette all´imprenditore Marussig
di Alessandra Ziniti
Il centro commerciale non si è mai fatto, ma per il patto di ferro che politici, imprenditori e professionisti avevano stretto con i mafiosi di Villabate per la realizzazione di un grande ipermercato che avrebbe portato affari, posti di lavoro e potere, il conto pagato è stato caro.
Sono condanne per quasi mezzo secolo di carcere quelle che i giudici della quinta sezione del Tribunale, presieduta da Patrizia Spina, hanno inflitto ieri pomeriggio condannando tutti e sette gli imputati del processo, così come avevano chiesto i pm Nino Di Matteo e Lia Sava.
Un processo nato dalle dichiarazioni di Francesco Campanella, esponente politico, consulente ma anche affiliato alla “famiglia” mafiosa di Villabate che, dopo il suo arresto, ha deciso di collaborare raccontando anche il viaggio di Bernardo Provenzano a Marsiglia per un intervento chirurgico.
La pena più alta è stata inflitta a Giovanni La Mantia, considerato un mafioso di Ciaculli ma molto vicino anche alle “famiglie” di Villabate, che ha avuto dieci anni con l´accusa di associazione mafiosa. Condanna pesante, otto anni e sei mesi, per concorso esterno all´ex sindaco di Villabate Lorenzo Carandino, mentre gli architetti Antonio Borsellino e Rocco Aluzzo hanno avuto rispettivamente sette e otto anni di carcere, entrambi per concorso esterno in associazione mafiosa. Condanna a sette anni per l´imprenditore romano Paolo Pierfrancesco Marussig, titolare della società Asset Development e imputato di corruzione aggravata dall´aver favorito Cosa nostra.
Quattro anni li ha avuti Giuseppe Daghino, anche lui socio della Asset, accusato di corruzione semplice; quattro anni e mezzo sono stati inflitti all´ex sindaco di Catania Angelo Francesco Lo Presti, imputato di riciclaggio per aver girato attraverso una sua società all´estero la prima tranche della somma che la Asset aveva pagato per oliare i meccanismi dell´approvazione del piano commerciale da parte degli organismi amministrativi. I giudici del Tribunale hanno accolto l´impianto accusatorio secondo il quale l´imprenditore romano Marussig
Villabate: la corruzione non paga
di Silvia Cordella – 20 gennaio 2009
Nel processo per il Centro Commerciale di Villabate, il giudice ha emesso mezzo secolo di condanne. Colpiti anche i dirigenti della “Asset Development” di Roma in affari con la famiglia mafiosa dei Mandalà: 7 anni per corruzione aggravata a Marussig
Sette condanne e un punto a favore della procura di Palermo è il risultato della sentenza che il presidente della quinta sezione penale del Tribunale di Palermo Patrizia Spina ha emesso ieri nei confronti degli imputati del processo sul Centro Commerciale di Villabate. Mezza giornata di camera di consiglio è bastata ai giudici per riconoscere e sottoscrivere quasi in toto le pene che i pubblici ministeri Nino Di Matteo e Lia Sava avevano chiesto nella loro requisitoria. Dieci anni per associazione mafiosa sono stati inflitti a Giovanni La Mantia, uomo d’onore della famiglia di Ciaculli, soggetto di collegamento tra il boss Nicola Mandalà e il mandamento di Brancaccio.
Otto anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione all’ex sindaco Ds Lorenzo Carandino. Rocco Aluzzo e Antonio Borsellino, sono stati condannati rispettivamente a otto e sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre al presidente della Asset Development di Roma Pierfrancesco Paolo Marussig la Corte ha inflitto sette anni per corruzione aggravata.
Infine il contabile della società romana Giuseppe Daghino (all’epoca consulente dell’amministrazione Veltroni sulle cartolarizzazioni immobiliari) è stato condannato a quattro anni per corruzione semplice e l’ex sindaco di Catania Angelo Lo Presti a quattro anni e mezzo per riciclaggio.
Quest’ultimo era accusato di aver fatto passare, attraverso il conto di una sua società con sede a Malta, 25 mila euro come prima tranche di una tangente di 150 mila euro destinata a oliare la “macchina burocratica” del comune di Villabate, in cambio dell’approvazione del piano commerciale sponsorizzato dalla mafia.
Un affare che avrebbe fatto ottenere al clan il 30 per cento delle ditte incaricate nell’esecuzione dei lavori e nella gestione dei negozi dell’ipermercato, imponendo il 20 per cento dei dipendenti da assumere.
Una condizione irrinunciabile che faceva parte di quel patto che, secondo il pm dell’accusa Nino Di Matteo, Marussig, in veste di presidente della Asset, aveva stretto con la famiglia mafiosa di Villabate, che prevedeva la restituzione di un duplice intervento del clan: convincere 130 proprietari terrieri a vendere i loro appezzamenti di terra per poterli così destinare a uso commerciale e trovare referenti in seno all’amministrazione pubblica per garantirne l’approvazione definitiva.
Trattative queste che l’azienda ha portato avanti in Sicilia tramite l’architetto Rocco Aluzzo, soggetto incaricato per la mediazione e l’acquisizione di tutte le aree necessarie, coadiuvato dall’architetto Borsellino vicino per legami politici pregressi a Nino Mandalà, ex presidente del club Forza Italia ed ex socio dell’attuale Presidente del Senato Renato Schifani.
Proprio Mandalà era il vero dominus dell’iniziativa commerciale. L’aveva sponsorizzata già nel ’97 quando a rivestire la carica di Sindaco c’era Giuseppe Navetta. La cosa però non era andata in porto per via di una modifica (Mandalà voleva un inceneritore di rifiuti) che rendeva il Piano Regolatore inaccettabile. Nel frattempo il boss veniva arrestato e il comune di Villabate sciolto per infiltrazione mafiosa. Quando il capomafia era uscito di prigione, il Piano Commerciale era già in fase di progettazione con i primi accordi siglati fra il figlio Nicola e i due architetti.
Il fiuto per gli affari e l’esperienza nell’ambiente politico aveva portato Mandalà Senior a dedicarsi nuovamente al progetto, che nelle mani del figlio aveva perso vigore.
Oltre alla partecipazione diretta degli utili sui subappalti che ne sarebbero derivati, la portata dell’investimento conteneva in sé anche una evidente prova di forza e riaffermazione sul territorio da parte di quella frangia criminale che in quegli anni “era giunta all’apice” arrivando a proteggere la latitanza di Provenzano e organizzando il suo viaggio di cura nelle cliniche marsigliesi.
Un espatrio che Zio Binu aveva affrontato con una carta d’identità falsificata da Francesco Campanella, vero “braccio” amministrativo ed economico di Nino Mandalà all’interno del Comune.
Proprio lui è l’uomo che più di ogni altro si era impegnato per risolvere ogni difficoltà burocratica durante il lungo iter di approvazione del nuovo Auchan: dalle modifiche sul piano regolatore, alla certificazione Anas per lo svincolo autostradale, fino alle tangenti destinate agli amministratori comunali, per giungere infine alla risoluzione dell’ultimo ostacolo: l’okay finale dell’ufficio urbanistico della Regione. Un ostacolo che si sarebbe dovuto superare con la “buona parola” del suo amico, ex Presidente della Regione, Totò Cuffaro, il quale però non mantenne fede, secondo lo stesso Campanella, alla sua promessa di aiuto.
Ciò non per una opinione negativa sul progetto ma per la mancata prospettazione di una parcella adeguata garantitagli invece dai sostenitori dell’iniziativa antagonista che sarebbe dovuta sorgere a Roccella, sotto ispirazione del capomafia Giuseppe Guttadauro. Una storia che si riallaccia ai processi celebrati per mafia a carico del Senatore Cuffaro sulle “talpe” e a quello a carico del suo delfino politico Mimmo Miceli, entrambi condannati in primo grado, per favoreggiamento aggravato e concorso esterno in associazione mafiosa, per i loro rapporti con il capomandamento di Brancaccio.
Sotto l’ombrello mafioso che, per convergenti interessi, si sono uniti in affari imprenditori collusi, funzionari corrotti e criminali mafiosi è inoltre emersa una prova documentale che raramente gli inquirenti hanno la fortuna di trovare. Si tratta – ha ricordato Di Matteo – di un quadro riassuntivo degli accordi contrattuali tra la Asset e la mafia dei Mandalà, rinvenuto nel computer sequestrato all’arch. Aluzzo. «Avvertendo la potenza economica imprenditoriale e “politica” di Asset Development – ha sottolineato il pm – la famiglia mafiosa ha preteso e ottenuto la ufficializzazione della propria legittimazione con la previsione dei rapporti contrattuali, da prima in capo a Mario Cusimano (membro della cosca, oggi collaboratore di giustizia) e poi intestati a Maria Teresa Romano (prestanome della fam. mafiosa)».
Questi documenti, insieme alle valide dichiarazioni di Campanella, hanno consentito di ricostruire
quelle che erano le aspettative d’investimento della famiglia mafiosa di Villabate e fotografato quelle alleanze politiche e imprenditoriali che da sempre costituiscono il punto di forza della criminalità organizzata siciliana e calabrese.
A questo proposito, ha rimarcato Di Matteo, ci siamo ritrovati di fronte a rapporti “simbiotici” tra Nino Mandalà e i sindaci del comune di Villabate, Giuseppe Navetta prima e Lorenzo Carandino dopo. Rapporti che nel secondo caso, solo per questioni di prudenza, sono stati filtrati dalla “faccia pulita” e apparentemente presentabile del gruppo mafioso, personificato da Francesco Campanella.
Oggi maggior accusatore della sua ex famiglia di mafia ma anche di quei colletti bianchi che con i loro spregiudicati o superficiali atteggiamenti contribuiscono a togliere libertà a un popolo già abbastanza piegato dalla prepotenza mafiosa. E ora, come ha annunciato il presidente Patrizia Spina, rischiano un processo per falsa testimonianza tre testimoni proprietari di terreni sui quali sarebbe dovuto sorgere il centro commerciale.
In questo senso, si sente soddisfatto il Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo che ha parlato di una «sentenza che conferma l’esistenza di uno spazio di affermazione di responsabilità per il concorso esterno in associazione mafiosa, nella cui configurabilità ci sono state di recente molte polemiche».
Per questo alla Corte e all’ufficio che ha rappresentato in questo processo la Pubblica Accusa va il ringraziamento dei cittadini onesti per il coraggio nella ricerca della verità a 360 gradi.
Eventi a cui ha partecipato Rocco Aguzzo
http://isolapulita.blogspot.it/2009/01/io-non-voto-httpisolapulita.html
Eventi a cui ha partecipato Rocco Aluzzo
Dichiarazioni spontanee Palermo, 5 gennaio 2009 – 12:50
Rocco Aluzzo imputato 15:1510′ 6″
-
Interrogatorio Francesco Campanella, Villabate, Centro Commerciale, Arch Aluzzo Rocco, ASSET DEVELOPMENT s.r.l., Architetto Borsellino, Cuffaro, Mandalà,
Megastore e mafia chiesti sessant’ anniI pm della Dda Nino Di Matteo e Lia Sava hanno chiesto 60
anni di reclusione per gli 8 imputati nel processo sul megastore di Villabate
controllato dalla mafia.
La pena più alta – 15 anni – è stata sollecitata per
Giovanni La Mantia,
accusato di associazione mafiosa; nove anni la pena chiesta per l’ ex sindaco
di Villabate Lorenzo Carandino (concorso esterno) e per l’ architetto che
progettò l’ ipermercato, Rocco Aluzzo (concorso esterno).I pm hanno invece
chiesto la condanna a 7 anni di Pierfrancesco Marussig, titolare della Asset
Development che doveva realizzare il centro commerciale, accusato di corruzione
aggravata dall’ avere agevolato la mafia.Sette anni la pena chiesta per l’
architetto Antonio Borsellino e 5 anni per l’ ex socio della Asset, Giuseppe
Daghino e per l’ ex sindaco di Catania, Angelo Lo Presti.Patto mafia-politica per il megastore
Da mandalà a La
Loggia, da Cuffaro a Mastella. Per Francesco Campanella, il
politico “pentito” che, con le sue dichiarazioni, ha aggravato la
posizione del presidente della Regione nel processo che lo vede imputato di
favoreggiamento a Cosa nostra e rivelazione di notizie riservate, è arrivata l’
ora di ribadire in aula le sue accuse sulle tante relazioni pericolose tra
uomini politici e mafiosi che a lui, ex segretario nazionale dei giovani dell’
Udeur ma anche uomo “riservato” della famiglia mafiosa di Villabate,
risultano in prima persona. E proprio al processo per le tangenti per la
realizzazione del centro commerciale di Villabate Campanella verrà ascoltato la
prossima settimana a Firenze dai pm Nino Di Matteo e Lia Sava che, nei giorni
scorsi, hanno depositato agli atti il memoriale datato 11 ottobre 2005 nel
quale Campanella, ancor prima di formalizzare il suo status di collaboratore di
giustizia, ha messo nero su bianco le sue accuse. E non solo a Cuffaro. Ci sono
due uomini di primo piano di Forza Italia ai quali il pentito attribuisce uno
stretto rapporto personale con il boss di Villabate, Antonino Mandalà, che fu
il coordinatore del circolo azzurro di Villabate. E proprio Mandalà, in una
riunione nello studio del presidente dei senatori di Forza Italia Renato
Schifani, avrebbe concordato con lui e con «il suo amico e socio» Enrico La Loggia le modifiche da
apportare al piano regolatore di Villabate, strumento di programmazione
fondamentale per la realizzazione del centro commerciale che tanto interessava
alla cosca di Villabate. Il pentito racconta che l’ operazione concordata tra
Mandalà e La Loggia
«avrebbe previsto l’ assegnazione dell’ incarico ad un loro progettista di
fiducia, l’ ingegner Guzzardo, e l’ incarico di esperto del sindaco in materia
urbanistica allo stesso Schifani, che avrebbe coordinato con il Guzzardo tutte
le richieste che lo stesso Mandalà avesse voluto inserire in materia di
urbanistica. In cambio – precisa poi Campanella – La Loggia, Schifani e Guzzardo
avrebbero diviso gli importi relativi alle parcelle di progettazione Prg e
consulenza».Secondo Campanella, «il piano regolatore di Villabate si formò
sulle indicazioni che vennero costruite dagli stessi Antonino e Nicola Mandalà,
in funzione alle indicazioni dei componenti della famiglia mafiosa e alle
tangenti concordate». Nel processo che martedì si trasferisce a Firenze sono
imputati Pier Francesco Marussig e Giuseppe Daghino (i manager della
multinazionale romana Asset); l’ ex sindaco di Catania, Angelo Francesco Lo Presti;
l’ ex sindaco di Villabate, Lorenzo Carandino; gli architetti Rocco Aluzzo e
Antonio Borsellino.Nella vicenda dell’ ipermercato di Villabate, che poi non
fu mai realizzato, Campanella è il teste chiave: il pentito sostiene di aver
ricevuto da Marussig una tangente da 25 mila euro per sveltire l’ iter di
approvazione del centro commerciale. Antonino Mandalà è invece imputato in una
seconda «tranche» del processo che si celebra con il rito abbreviato.Il
tribunale lo ha condannato a 8 anni per associazione mafiosa nel processo a
Gaspare Giudice. a.z.Villabate, tangenti sul megastore a giudizio politici e imprenditori
Il giudice per l’ udienza preliminare di Palermo Marco
Mazzeo ha rinviato a giudizio otto persone accusate a vario titolo di avere
avuto un ruolo nell’ affare del centro commerciale di Villabate.Della vicenda,
secondo quanto riferito dal pentito Francesco Campanella, era interessata la
famiglia mafiosa del paese a 5 chilometri da Palermo, capeggiata da Nicola
Mandalà.Nell’ affare Cosa nostra avrebbe cercato di ottenere autorizzazioni
per realizzare un mega centro da circa 200 milioni di euro. Per accelerare le
pratiche sarebbero state pagate tangenti ai consiglieri comunali di Villabate.
Il Gup ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Nino Di Matteo e Lia
Sava: a giudizio sono andati Giovanni La Mantia, Rocco Aluzzo, Antonio Borsellino, l’ ex
sindaco del paese Lorenzo Carandino, l’ ex sindaco di Catania Angelo Francesco
Lo Presti, Matteo D’ Assaro, Pierfrancesco Marussig e Giuseppe Daghino,
titolari della società Asset Development che avrebbe dovuto realizzare il
centro.In apertura di udienza il gup aveva respinto le eccezioni di
incompetenza territoriale presentata dalla difesa di Marussig, di Daghino e di
Lo Presti. Il processo è stato fissato per il 16 aprile davanti alla quinta sezione
del tribunale di Palermo.Villabate, ecco il contratto con la mafia
Dentro il computer di un architetto che si occupò del centro
commerciale di Villabate, i carabinieri hanno ritrovato un documento
eccezionale. è un vero e proprio contratto stipulato dagli imprenditori con il
capomafia di Villabate.«La definizione degli accordi è avvenuta con il signor
Nicola Mandalà – è scritto nel documento – che nel periodo finale ha sostituito
il signor Campanella».Era nel computer dell’ architetto Rocco Aluzzo il file,
assieme ad altri che adesso sono all’ esame di un perito informatico.Stabilisce ancora il documento: «Allegato A. Condizioni pattuite dalla società
acquirente con i signori Borsellino, Mandalà, Notaro e Campanella».Al punto
tre si legge: «Impegno assunto dalla società acquirente ad affidare buona parte
degli appalti dei lavori a ditte indicate dai suddetti signori». E ancora:
«Impegno assunto dalla società ad assumere, in misura pari ad almeno il 20 per
cento del proprio organico, personale indicato dai suddetti soggetti».Punto
cinque: «Impegno assunto dalla società acquirente a cedere in affitto almeno il
30 per cento dei locali o dei rami d’ azienda della galleria di negozi che si
andrà a realizzare, a ditte indicate dai soggetti di cui sopra». E non si
capisce a che titolo Nicola Mandalà, il boss che custodiva la latitanza di
Provenzano, fosse parte dell’ accordo. La data del documento è quella del 26
febbraio 2001.Il documento è stato depositato ieri mattina dal pm Nino Di
Matteo. E al processo Miceli, la
Procura ha chiamato a deporre l’ avvocato Giovan Battista
Bruno: un tempo, era uno degli amici più fidati del presidente Cuffaro. Oggi,
lo mette nei guai, confermando le accuse di un altro amico del governatore,
Francesco Campanella, oggi uno dei principali pentiti della Procura di Palermo.Dice Bruno: «Incontrai Cuffaro in un ristorante, a Roma, il sabato prima di
Pasqua, nel 2003. Parlava male di Campanella. Mi disse, a proposito del
progetto di realizzazione di un centro commerciale a Villabate: “Se uno
vuole le cose si deve presentare. Ed invece da una parte mi hanno offerto 5
miliardi, da quest’ altra manco sono venuti».Successivamente, Bruno incontrò
Campanella: «Definì Cuffaro un traditore – ricorda l’ avvocato Bruno – mi disse
che secondo lui Totò aveva fatto finta di portare avanti il progetto di
Villabate, invece in realtà voleva solo quello di Brancaccio». Secondo la Procura, dietro il centro
di Brancaccio, c’ erano i boss. Bruno offre altri inediti: «Campanella mi disse
che Cuffaro l’ aveva avvertito di indagini su di lui, per questo sarebbe stato
meglio allentare i rapporti».Archiviata la causa per diffamazione, “è la verità”
Cuffaro perde contro “La Mafia è bianca”Salvatore Cuffaro perde il secondo round contro “La Mafia è bianca”. Il Tribunale di Bergamo, infatti, per la seconda volta dà ragione a Michele Santoro e ai due giornalisti Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini, autori del film-documentario campione d´incassi con oltre 80 mila copie vendute. I giornalisti erano stati querelati per diffamazione dal Presidente della Regione Sicilia. L´inchiesta – secondo i giudici – è “una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia”. Il tribunale di Bergamo, sezione del giudice per le indagini preliminari ha disposto l´archiviazione del procedimento in quanto gli elementi acquisiti non sono sufficienti per sostenere l´accusa in giudizio. Dopo aver chiesto il sequestro del libro dvd – richiesta già respinta nel merito dal tribunale civile di Bergamo nel gennaio 2006 – Cuffaro aveva predisposto una causa penale, sempre per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti dei due autori e di Michele Santoro, autore della prefazione al volume. Nel merito, “l´esame degli scritti e la visione del dvd rivelano, ad avviso del Gip, lo svolgimento di una indagine sulla realtà delle strutture sanitarie nella Regione Sicilia che, attraverso la trascrizione di brani di dichiarazioni rese alla autorità giudiziaria da parte di soggetti, in genere medici, già condannati o imputati in procedimenti penali per fatti di criminalità mafiosa non violenta, integrate da ulteriori informazioni, fornite dagli autori della pubblicazione, mostra le gravi inefficienze delle strutture pubbliche e la correlativa efficienza della nutritissima schiera di strutture sanitarie private, accreditate dalla Regione siciliana in misura di gran lunga eccedente quella delle altre regioni. In tale contesto emergono rapporti di personale conoscenza o di occasionale frequentazione tra il Presidente della regione, anch´egli medico, radiologo, e taluni di quei soggetti dichiaranti, che gli autori dell´indagine sottolineano al fine di evidenziare gli intrecci di interessi economici e politici”.
http://isolapulita.forumfree.net/
Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femminehttp://isoladellefemminepulita.blogspot.com/2011/09/isola-delle-femmine-comune-accesso-agli.html
- ISOLA DELLE FEMMINE VARIANTE PRG PREFABBRICATI NORD Interrogatorio Francesco Campanella, Villabate, Centro Commerciale, Arch Aluzzo Rocco, ASSET DEVELOPMENT s.r.l., Architetto Borsellino, Cuffaro, Mandalà,
- Interrogatorio Francesco Campanella Villabate Centro Commerciale Arch Aluzzo Rocco ASSET DEVELOPMENT s.r.l. Architetto Borsellino Cuffaro Mandalà
- Licenza Edilizia in Sanatoria 20 Prefabbricati Nord
- CONCESSIONE EDILIZIA N. 13 DEL 14/05//2009 Sorelle Pomiero s.n.c. di Pomiero Maria Grazia” nell’area del famosissimo COMPARTO 1 arch Di Cristina il PROFESSORE.” …..le elezioni cosa non fanno fare……”
- Licenza Edilizia in variante n 4 23.2.2010 35 Ardizzone Giorgio
- ORDINANZA
DELL’UTC – Ripristino dello stato dei luoghi a carico di NUNZIO FERRARELLA
AMMINISTRATORE ELAUTO VERDE AGRICOLO 2011 Albo n. 351.11 – ord. n.
49.11[1] - Elauto ufficio tecnico comunale prg parcheggio
pubblico - ELAUTO variante in corso d’opera